Quota 41? Conferma di quota 103? Il 25% del TFR versato obbligatoriamente nei fondi pensione? Sono questi i titoli che hanno iniziato ad apparire sui giornali a partire dal mese di agosto.
Con l’approssimarsi delle scadenze legate alla legge di bilancio, come ogni anno di questi tempi, si rincorrono voci di modifiche legislative, alcune delle quali poi troveranno spazio tra le norme che effettivamente confluiranno nella Gazzetta Ufficiale e saranno in vigore nel 2025.
In attesa di conoscere quali proposte avranno concreta attuazione, è possibile in questa fase fare una sintesi delle idee sul campo.
Sul versante delle pensioni di I pilastro, il tema è sempre quello di individuare forme di flessibilità in uscita, che consentano di anticipare il pensionamento rispetto ai requisiti Fornero: 67 anni di età con 20 anni di contributi; oppure 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne; per i contributivi puri 64 anni di età, 20 anni di contributi e pensione pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale, 2,8 per le donne con un figlio e 2,6 per le donne più di un figlio.
Anche quest’anno sembra confermato che la pensione in Quota 41 sarà rimandata, restando questo un obiettivo di legislatura. Verso la conferma per il prossimo anno, invece, sembra andare la pensione in quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi) nella sua ultima versione, con ricalcolo contributivo.
Analoghe conferme sono proposte per la disciplina vigente dell’Ape e dell’opzione donna, che lo scorso anno hanno ha visto l’applicazione di requisiti più stringenti rispetto al passato.
Si discute, anche per il 2025, di una indicizzazione ridotta per le pensioni più elevate.
Una proposta la cui sostenibilità economica sarà da valutare è anche l’aumento delle pensioni minime.
Resta inoltre da rifinanziare per il 2025 la decontribuzione per i redditi fino a 35.000 euro (7% per i redditi lordi fino a 25.000 euro; 6% fino a 35.000) e la conferma della tassazione dei premi di risultato al 5%, come nel 2024, anziché al 10% come sarebbe ordinariamente previsto.
Sul piano della detassazione dei benefit, invece, si pensa di passare dalla situazione attuale – 2.000 euro per chi ha figli e 1.000 euro per chi non ne ha – ad un importo uguale per tutti che sembrerebbe da notizie di stampa possa attestarsi a 1.500 euro.
Alcune proposte hanno avuto ad oggetto anche la previdenza complementare. Proprio nella consapevolezza che la diffusione del secondo pilastro è fondamentale, soprattutto per chi avrà una pensione contributiva, si è parlato dell’idea di destinare obbligatoriamente il 25% del TFR nei fondi pensione. A questa proposta, che nel corso delle settimane sembra aver perso la spinta iniziale, si è affiancata quella di riaprire un semestre di tacito conferimento del TFR maturando per chi al momento ha deciso di lasciarlo, in tutto o in parte, presso il datore di lavoro. Naturalmente queste disposizioni riguarderanno TFR gestito da Enpaia, che non è interessato da queste proposte. Però è presumibile che cresca nei prossimi mesi l’attenzione mediatica verso i fondi pensione, con possibili benefici effetti anche sulla contribuzione versata ad Agrifondo.
Non sembra, invece, esserci spazio per una revisione del plafond di deducibilità, fermo a 5.164,57 euro dall’ormai lontano 2007. Si parla piuttosto di rafforzare il collegamento tra pensione di base e pensione complementare, dando dei vantaggi da definire in termini di pensionamento anticipato a chi attiverà una rendita presso un fondo pensione.
È difficile capire oggi quali di queste misure saranno effettivamente legge dello Stato, ma l’aspetto importante è che le pensioni di base e quelle complementari tornino al centro del dibattito pubblico, così da indurre i cittadini a valutare, informarsi ed avviare un giusto percorso di accumulo pensionistico.