A Ottawa, il 10 aprile scorso, Canada e Stati Uniti hanno inaugurato l’ottava edizione della Conferenza Regionale Informale del Nord America (INARC). Nell’occasione, la Fao ha presentato due rapporti riguardanti l’uguaglianza e l’inclusione di genere, “The Status of Women in Agrifood Systems” e “The Unjust Climate”, e anche costituito un Ufficio per la Gioventù e le Donne dedicato all’integrazione degli obiettivi intermedi delle problematiche affrontate.
The Unjust Climate – Il clima ingiusto – misura l’impatto del cambiamento climatico sui poveri delle zone rurali, sulle donne e sui giovani attraverso l’analisi di dati provenienti da 24 paesi, di cinque regioni del mondo, a basso e medio reddito: dati socioeconomici raccolti da 109.341 famiglie di quei mondi rurali, rappresentativi però di oltre 950 milioni di persone rurali. La Fao ha specificato che “Questi dati sono combinati sia nello spazio che nel tempo con 70 anni di dati georeferenziati sulle precipitazioni e sulle temperature giornaliere. I dati ci consentono di distinguere il modo in cui diversi tipi di fattori di stress climatico influenzano i redditi totali, interni ed esterni all’azienda agricola, le allocazioni di lavoro e le azioni di adattamento delle persone, a seconda delle loro caratteristiche di ricchezza, genere ed età”.
The Status of Women in Agrifood Systems – Il rapporto sullo status delle donne nei sistemi agroalimentari – risponde all’intento della Fao di fornire dati recenti, lezioni apprese e raccomandazioni utili per i decisori politici con riguardo alle problematiche di genere nei sistemi agroalimentari. “Esamina e analizza le opportunità e i vincoli delle donne nei processi economici e sociali, facendo il punto e valutando i progressi compiuti nel colmare una serie di divari di genere. Fornisce esempi convincenti di politiche e programmi con un’analisi di ciò che ha funzionato e raccomandazioni specifiche su come fare di più e meglio”.
Dai dati emerge che i sistemi agroalimentari rappresentano, a livello globale, uno dei principali settori di lavoro delle donne contribuendo nel complesso all’emancipazione e all’eliminazione dei divari di genere migliorando il benessere delle donne e delle loro famiglie, riducendo la fame, aumentandone i redditi.
Ciò nonostante, i ruoli delle donne tendono ad essere marginalizzati e le loro condizioni di lavoro peggiori di quelle degli uomini: irregolari, informali, a tempo parziale, poco qualificate, ad alta intensità di lavoro.
Sia le donne che lavorano nella produzione agricola primaria, sia le donne che lavorano nei segmenti extra-agricoli dei sistemi agroalimentari, hanno salari e produttività sistematicamente inferiori a quelli degli uomini (laddove la minore produttività deriva dalla diversa possibilità di accesso ai medesimi strumenti tecnici).
L’accesso delle donne alla terra, alla proprietà del bestiame, ai fattori produttivi tra cui sementi migliorate, fertilizzanti e attrezzature meccanizzate, ai servizi, alla finanza e alla tecnologia digitale, ai telefoni cellulari, – fondamentali per lavorare nei sistemi agroalimentari – continua infatti a essere in ritardo rispetto a quello degli uomini; in molti paesi, peraltro, c’è ancora da lottare per garantire la possibilità che le donne possiedano la terra in egual misura rispetto agli uomini e che i quadri giuridici tutelino i loro diritti.
Affrontare eventi esterni fonte di stress, quale la pandemia da Covid-19 o le crisi climatiche, presenta per le donne difficoltà superiori rispetto agli uomini, visto che l’impatto negativo sui loro mezzi di sussistenza è maggiore, dal momento che sono le prime a perdere il posto di lavoro, e costrette di conseguenza a consumare, più rapidamente degli uomini, i già più limitati beni e risparmi accantonati.
Nel primo anno di pandemia – secondo lo studio Fao – il 22% delle donne ha perso il lavoro nei sistemi agroalimentari extra-agricoli, rispetto a solo il 2% degli uomini. Il divario nell’insicurezza alimentare tra uomini e donne è aumentato da 1,7% nel 2019 a 4,3% nel 2021.
Il rapporto indica che “colmare il divario di genere nella produttività agricola e il divario salariale nei sistemi agroalimentari aumenterebbe il prodotto interno lordo globale dell’1% (circa un trilione di dollari). Ciò diminuirebbe l’insicurezza alimentare globale di circa 2 punti percentuali, riducendo di 45 milioni il numero di persone che ne soffrono”. Inoltre “se la metà dei produttori su piccola scala beneficiasse di interventi di sviluppo incentrati sull’emancipazione delle donne, ciò farebbe crescere significativamente i redditi di altri 58 milioni di persone e aumenterebbe la resilienza di ulteriori 235 milioni di persone”.
Circa la metà della forza lavoro nel settore agricolo è composta da donne in diversi paesi del sud-est asiatico, tra cui Cambogia, Repubblica democratica popolare del Laos e Vietnam.
Nell’Asia meridionale, lavora nei sistemi agroalimentari il 71% delle donne, contro il 47% degli uomini, anche se la forza lavoro è prevalentemente maschile.
Nell’Africa sub-sahariana, le donne costituiscono oltre il 50% della forza lavoro agricola e il 66% dell’occupazione femminile è nei sistemi agroalimentari, rispetto al 60% di quella maschile.
Il settore è una fonte fondamentale per l’occupazione di giovani donne, in particolare quelle di età compresa tra i 15 e i 24 anni.
Le donne supportano la famiglia con la cura non retribuita dei bambini e di altri membri della famiglia stessa con le implicazioni che questo comporta sul loro tempo e sulla loro occupazione.
Anche la produttività della terra tra le aziende agricole si differenzia del 24% a seconda se sono gestite da donne o da uomini. In media, le donne guadagnano il 18,4% in meno degli uomini nel lavoro salariato in agricoltura; ciò significa che ricevono 82 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini.
La quota del diritto di possesso su terreni agricoli, per gli uomini, è doppia rispetto a quella delle donne in oltre il 40% dei paesi che hanno fornito informazioni sulla proprietà fondiaria. Nonostante questo, la percentuale di donne tra i proprietari terrieri è aumentata in 10 paesi su 18 nell’ultimo decennio, con notevoli miglioramenti in diversi paesi dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia meridionale.
Il divario di genere nell’accesso ai conti bancari si è ridotto da 9 a 6 punti percentuali tra il 2017 e il 2021.
Per andare verso l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne, il rapporto Fao evidenzia il fondamentale ruolo dell’attenzione politica alle problematiche dei vari paesi, attraverso misure come l’eliminazione di norme sociali discriminanti e lo sviluppo di progetti atti a rafforzare le capacità delle donne attraverso l’istruzione e la formazione, oltre a iniziative volte ad aumentare l’emancipazione delle donne anche con il coinvolgimento di uomini, ragazzi e leader delle comunità, nei processi di trasformazione di genere.
Negli ultimi dieci anni risultano aumentati i quadri politici nazionali che affrontano questioni di genere e anche se oltre il 75% delle politiche agricole analizzate dalla Fao riconoscevano il ruolo e/o le sfide delle donne in agricoltura, solo il 19% aveva l’uguaglianza di genere in agricoltura o i diritti delle donne come obiettivi politici espliciti. Solo il 13% ha incoraggiato la partecipazione delle donne rurali al ciclo politico.