Il mondo agricolo e agroalimentare sta attraversando una rivoluzione, forse annunciata, ma certamente non adeguatamente valutata.
Col pensiero torniamo sempre lì a quei fenomeni che stanno trasformando le condizioni dei lavori, soprattutto delle agricolture. Cambiamenti climatici che sembrano accelerare fenomeni estremi, la pandemia che appare come un ricordo lontano ma che nei volti di chi l’ha drammaticamente vissuta ancor ansima il loro dolore e le guerre che sembrano ripercorrere copioni già visti nel secolo breve con attori incitabili, ma che, pur essendo alle nostre porte, sembrano essere problema di altri.
Le nostre agricolture, come fossero un albero sradicato, sembrano essere trascinate dalla piena anche di miopie politiche e sociali.
L’incertezza intacca non tanto e non solo i modelli produttivi, indebolendone anche le filiere, ma rimette in discussione lo stesso modello di Welfare di tutti i lavori.
Parole come sostenibilità, che per legge è verificata a 50 anni; previdenza e assistenza, ovvero servizi alle persone e alle loro famiglie in piena applicazione del principio di solidarietà; sostegno alle fragilità sociali sono messe in discussione dalla rigidità di un modello che tende a difendere diritti (e qualche privilegio, per fortuna non numerosi e che gradualmente dovranno essere rivisti) senza peraltro avviare una riflessione su quel domani che è già oggi. La previdenza è ormai diventata il ruotare intorno alle “tabelle” dei coefficienti di trasformazione del montante dei contributi soggettivi che “dovrebbero” garantire la sostenibilità di lungo respiro.
Non si riuscirà a garantire il trattamento di quiescenza nel breve periodo? Alziamo l’età pensionabile, oppure aumentiamo la percentuale dell’aliquota contributiva e così tutto è risolto.
Ma se lo sguardo si allarga ad una società agricola e agroalimentare che nel “breve” periodo vivrà una profonda trasformazione con una diminuzione significativa delle imprese agricole, una annunciata accelerazione dell’Intelligenza Artificiale e l’evoluzione di modelli produttivi innovativi potremmo assistere all’affermarsi di modelli produttivi e di vita oggi difficilmente descrivibili.
Rimane certamente la consapevole constatazione che molte considerazioni si arenano trovandosi nella stessa condizione di un’automobile lanciata ad alta velocità in un’autostrada che improvvisamente incontra un fitto banco di nebbia. Gli incidenti mortali non si contano.
Sui complessi temi della evoluzione dei nostri modelli sociali ed economico produttivi, qualcuno sta già approcciando qualche timida riflessione. Altri, invece, orientano le loro scelte verso quel congiunturali che certamente favorendo qualcuno, determina una graduale destrutturazione della società, aumentando gli squilibri economici, produttivi e sociali. Dalla società dei due terzi che vivevano condizioni di vita qualitativamente accettabili, che garantivano anche sufficienti politiche di solidarietà, stiamo accelerando fenomeni verso la società dei due terzi che vivono condizioni di difficoltà.
Indirizzi che, purtroppo, già si possono leggere in modo chiaro in molti decreti, leggi, o altre norme, (ultimo esempio il DM sulla convenzione AGEA CAA), tendono a costruire monopoli di servizi pubblici che per la qualità professionale non riconosciuta rischiano di essere accompagnatori e acceleratori delle criticità strutturali delle agricolture. Scelte che non di riflesso, ma direttamente, coinvolgono negativamente anche quella visione lungimirante che coinvolge tutta la vita dei lavoratori, professionisti, lungo tutto l’arco della vita lavorativa e della sospirata e meritata quiescenza, coinvolgono direttamente i modelli gestionali delle nostre Casse di previdenza.
Forse è per questo che una nuova e diversa politica, meno ricurva su sé stessa, dovrebbe costruire quelle politiche partecipate, tanto care al Prof. De Rita, che chiamino tutti gli attori economici, produttivi e sociali a farsi protagonisti di responsabili e rigorose analisi, nonché di letture e scelte prospettiche sostenibili e solidali.
C’è ancora speranza nel futuro in questo stonato vociare per il “mondo” agricolo?
Io ne sono certo, soprattutto se passeggio nella memoria di uomini e donne che anche nei e dopo i grandi conflitti hanno avuto il coraggio e la voglia di ri-costruire una società a misura d’uomo e la nuova previdenza come un approdo sicuro dovrà proteggerci anche da onde tsunamiche di questo tempo sfidante. La casa Enpaia, inoltre, da tempo sta costruendo l’approdo sicuro del mondo agricolo e anche dei professionisti Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, divenendo riferimento certo anche per quegli uditi disturbati.