Negli ultimi mesi questo tema è tornato intensamente al centro del dibattito mediatico, anche a causa di una serie di tristi vicende che hanno interessato il nostro Paese. Credo che l’attenzione a riguardo debba restare sempre alta. E’ un tema da affrontare a 360 gradi partendo anche dalla questione lavorativa.
Il gap di genere è un elemento che ha molte sfaccettature ed implicazioni in tutte le dimensioni della vita, a partire per l’appunto dalla dimensione lavorativa. Nel documento relativo alla Strategia Nazionale per la Parità di Genere dell’omonimo Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri si legge: “La parità delle cittadine e dei cittadini è tra i principi che radicalmente fondano la vita democratica della nostra Repubblica ed è anche tra le mete verso cui la nostra democrazia, per poter dirsi compiuta, è continuamente chiamata a muoversi.” Poche righe che evidenziano proprio la centralità della parità di genere come pilastro fondamentale della nostra democrazia.
Colmare il divario di genere significa anche aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Il settore agricolo offre alle donne straordinarie opportunità, sostenute anche dalla legge di orientamento che dal 2001 ha ridisegnato i perimetri delle attività agricole attraverso attività di diversificazione su cui le donne appaiono particolarmente vocate. Il rinnovato fascino della campagna per le donne trova riscontro nella comune convinzione che quello dell’agricoltura è diventato un settore capace di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale in una chiave sempre più nuova e multifunzionale.
Le donne imprenditrici – che hanno scelto di lavorare in agricoltura – dimostrano una capacità di coniugare mercato e ambiente, tutela della qualità, attenzione al sociale, contatto con la natura assieme alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità.
La presenza femminile nelle aziende agricole, nel complesso, si attesta su circa un terzo del totale delle persone occupate. Negli ultimi dieci anni l’impegno in termini di giornate di lavoro delle donne è aumentato di più rispetto a quello maschile (+30% contro +14%), in particolare tra la manodopera familiare. Ma il dato più interessante è che all’interno delle aziende agricole si è invece consolidata la partecipazione delle donne nel ruolo manageriale.
Oltre il 50% delle donne in campagna svolge più di una attività connessa alla produzione primaria, soprattutto vendita diretta, agriturismo e trasformazione di prodotti agricoli. Ben il 60% delle donne ha poi scelto di dedicare parte della produzione al biologico, al biodinamico e di operare per una filiera di qualità attenta alla sostenibilità, alla tutela della biodiversità e delle risorse naturali, del paesaggio e del benessere animale. Le donne creano legami forti con il territorio e sono un vero e proprio presidio per la sopravvivenza e la valorizzazione delle aree rurali.
I problemi e le difficoltà sono ancora ben presenti e tutti ne siamo consapevoli, ma certamente il ruolo che le donne oggi ricoprono in agricoltura rappresenta un punto di partenza importante e di rilancio anche per gli anni avvenire.