Per il sociologo Massimo Pallocca la filiera agricola presenta criticità note, ma anche tante opportunità per un rilancio sostenibile dell’intero settore e per la valorizzazione del Made in Italy
Come viene affrontata l’emergenza Covid riguardo al mondo agricolo italiano? Ne abbiamo parlato con il Prof. Massimo Pallocca, sociologo ed economista, consigliere regionale dell’associazione nazionale dei sociologi , cultore in storia economica presso l’università Pegaso e docente presso l’istituto di studi giuridici della Regione Lazio “Arturo Carlo Jemolo”, in un’approfondita intervista su quelle che saranno le trasformazioni della dimensione sociale, culturale ed economica relativa alla filiera agricola.
Prof. Pallocca, lei da sociologo è abituato ad analizzare i cambiamenti sociali ed economici, per questo le chiediamo di fotografarci la situazione dell’agricoltura italiana alla luce della situazione pandemica.
Guardi quello che mi sta chiedendo non è un compito semplice anzi, fotografare oggi i cambiamenti della filiera agricola è molto arduo, la nostra nazione vanta una tradizione agricola importante e di primo piano a livello mondiale, vantiamo moltissimi primati e annoveriamo eccellenze che il mondo ci invidia, abbiamo standard qualitativi altissimi e siamo capaci di produrre grandissime quantità come pure prodotti di nicchia di altissima qualità, insomma il vero made in Italy alimentare.
Le difficoltà sono però sempre le stesse, il produttore è la parte debole della filiera e difficilmente riesce a trovare remunerazione ragionevole dal suo lavoro di produzione e questa è una costante salvo rare eccezioni, sia per il piccolo produttore che per il grande, sia al nord che al sud e al centro e questo ormai si verifica da moltissimi anni.
Rischiamo con questo sistema di allontanare anche le giovani generazioni che si sono affacciate al mondo agricolo con rinnovato entusiasmo e con moltissimi finanziamenti soprattutto europei per l’insediamento di nuove aziende e per i passaggi generazionali.
Questo in linea di massima, poi ci sono problematiche specifiche relative al settore di produzione, ad esempio il florovivaistico è stato colpito duramente dall’emergenza cosi come il vitivinicolo di qualità falcidiato sia dall’export che dalla chiusura dei ristoranti e dei locali, ne ha risentito meno il lattiero-caseario anche se oggi i magazzini sono pieni proprio per la diminuzione della richiesta estera, il settore ortofrutticolo risente delle problematiche di mercato interno, legato all’importazione di prodotti da Spagna, Grecia e nord Africa a prezzi stracciati.
Ci sono altre criticità di sistema?
L’agricoltura purtroppo non è esente dai mali cronici del nostro paese, oggi il sistema burocratico toglie la voglia di fare impresa praticamente a tutti, bisogna essere dei piccoli eroi tutti i giorni per fare l’imprenditore in Italia, altro che concorrenza sleale, manca una vera programmazione, ognuno suona uno spartito diverso, mancano le infrastrutture e quelle che ci sono funzionano male, la politica che dovrebbe dare risposte e rimuovere gli ostacoli è interessata più alla sua stessa sopravvivenza che alla soluzione dei problemi.
E allora come bisognerebbe intervenire?
Bisognerebbe partire da piani diversi in quanto le difficoltà andrebbero rimosse il più presto possibile, da una parte bisognerebbe intervenire attraverso un sistema economico maggiormente etico, in particolare la grande distribuzione che oggi tiene in mano la maggior parte delle aziende, le lega a doppio filo e non attua sistemi ridistribuzione degli utili adeguati, dall’altro bisogna intervenire con finanziamenti adeguati agli investimenti, oggi il sistema premia solo le grandi aziende, ma l’Italia è fatta di piccole se non micro realtà e queste sono sempre più spesso tagliate fuori dal sistema dei finanziamenti, tanto che ultimamente è intervenuta anche la Corte dei Conti a certificare questa situazione in quanto siamo riusciti, per mancanza di progetti a rimandare indietro i finanziamenti europei.
E il settore olivicolo, lo ha tenuto fuori perché va tutto bene?
Accidenti, vede io mi ritengo una persona estremamente fortunata, ho una piccola azienda di circa tre ettari per pura passione; passione che mi ha trasmesso mio padre e che la nostra famiglia si tramanda da secoli. Io ho abbracciato una filosofia particolare e precisamente quella di ”innovare nella tradizione“ una cosa molto difficile, ma per me che sono curioso di natura, una sfida eccezionale. La nostra azienda ad esempio si affida ad una società che attraverso centraline e satelliti monitora costantemente i parametri essenziali delle nostre coltivazioni, cosi io ho sempre i dati sul mio smartphone di quello che sta succedendo nei miei terreni e un agronomo mi avvisa di come e soprattutto quando intervenire; questo per un’azienda come la nostra che ha abbracciato la filosofia del biologico è essenziale. Io credo che non solo dobbiamo produrre, ma dobbiamo essere bravi a conservare e migliorare l’ambiente esistente, la natura va rispettata perché rispettando la natura rispettiamo noi stessi. Certo oggi è difficilissimo attuare questi principi un una società dedita ad una iperproduzione e iperconsumo, senza nessuna logica se non quella del profitto. Abbiamo insomma gettato uno sguardo sul futuro con le nostre radici ben salde nella tradizione, anche nella scelta delle varietà olivicole: abbiamo introdotto in via sperimentale nuove varietà di cultivar proprio per migliorare la qualità del nostro prodotto, ad esempio leccio del corno, maurino, favolosa sf17 e koronechi, senza però stravolgere le nostre coltivazioni centenarie di itrana, leccino, olivastro, frantoio. Già tutto questo è molto difficile, ma nel nostro caso c’è un’ulteriore difficoltà, senza un attento e innovativo processo di estrazione dell’olio dalle olive rischiamo di vanificare tutto il lavoro.
In conclusione?
In conclusione dobbiamo sperare che chi prende decisioni per il futuro agricolo voglia rispolverare parole come etica, cura del territorio, progetti di filiera veri, educazione alimentare, cultura d’impresa e soprattutto sostenibilità, solo cosi abbiamo speranza che il cambiamento, possa essere un cambiamento strutturale che possa dare soddisfazioni a tutti gli attori in campo
G.D. B