di Paolo Pellegrini, Vicedirettore Mefop
Ormai è certo, la pensione in Quota 100 non sarà prorogata dopo il 31 dicembre 2021.
Si tratta di una misura che, pur non avendo riscosso il successo atteso da chi l’ha proposta, né avendo contribuito – come ipotizzato dai suoi fautori – al ricambio generazionale della forza lavoro, ha avuto il pregio di introdurre un elemento di flessibilità rispetto ai requisiti pensionistici ordinari.
Va detto che qualche effetto resta, considerato che l’accesso alla pensione in quota 100 rimane possibile anche dopo la fine dell’anno per chi abbia maturato i requisiti – 62 anni di età e 38 anni di contributi – entro il 31 dicembre 2021.
Ad ogni modo, il superamento della Quota 100 pone al Governo, alle Parti Sociali ed al legislatore il problema di trovare delle forme di flessibilità alternative per evitare lo “scalone” che verrà a crearsi.
Alcune soluzioni sono già state indicate dal Governo nell’ambito del disegno di legge di bilancio, giudicate però insufficienti dalle Parti Sociali. Governo e Parti Sociali hanno assunto l’impegno ad avviare un confronto per l’introduzione di forme di flessibilità in uscita, nel solco del sistema contributivo.
Le proposte del Governo nell’ambito del disegno di legge di bilancio
Messe nero su bianco nel disegno di legge di bilancio sono la Quota 102 per il 2022, l’estensione dell’opzione donna e l’ampliamento dell’APE.
In particolare, quanto alla Quota 102, per il 2022 si prevede che si possa accedere al pensionamento con 64 anni di età e 38 anni d contributi. Si è anche parlato di una quota 104 per il 2023, con 66 anni di età e 38 di contributi, ma questa ipotesi di fatto renderebbe più flessibile l’uscita solo per un numero estremamente limitato di lavoratori.
Quanto all’opzione donna ed all’APE, si prevede una proroga di un altro anno alle condizioni vigenti.
Restano ferme le altre disposizioni. In particolare, il blocco dell’aumento dell’anzianità contributiva per la pensione anticipata, i famosi 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, che non saranno adeguati all’aspettativa di vita fino al 2026 per effetto del D.L. 4/2019. A questo di aggiunge la conferma che le età di accesso alla pensione (67 e 64 anni) non subiranno aumenti fino al 2024, per effetto del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 27 ottobre 2021, recante “Adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 268 de 10 novembre 2021.
Inoltre sono confermate e se possibile anche rafforzate le misure di accompagnamento alla pensione, quali fondi esuberi, esodi, isopensione, scivoli, contratti di espansione e simili.
Altre ipotesi sul tavolo
Come accennato, Governo e Parti Sociali hanno assunto l’impegno ad avviare un confronto per l’introduzione di forme di flessibilità in uscita. Il confronto, pur mantenendo l’urgenza, si può sviluppare con l’obiettivo di trovare soluzioni entro il 2023, atteso che per il 2022 la flessibilità è presente con la quota 102.
Grande distanza sembra sussistere su soluzioni quali la quota 41 generalizzata e la riproposizione di elementi di uscite anticipate generalizzate, ma al momento non è possibile formulare pronostici attendibili circa gli esiti del confronto.
Gli ambiti nei quali si potranno trovare soluzioni possono forse riguardare i lavori gravosi e i precoci. Va però detto che una soluzione pratica potrebbe riguardare l’ipotesi 64+20, vale a dire ammettere la pensione con 64 anni di età e 20 di contributi, ma optando per il contributivo. Questi, infatti, sono requisiti di accesso alla pensione per i lavoratori contributivi puri (inizio lavoro post 1.1.1996) oggi preclusi ai retributivi e misti, che hanno accesso solo alla pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le donne o 42 anni e 10 mesi per gli uomini) o di vecchiaia (67 anni). L’apertura dei requisiti 64+20 – eventualmente con ulteriori limature – con l’opzione per il contributivo potrebbe apparire una mediazione che comunque resta nel solco del sistema contributivo. Va detto che nel contributivo il requisito 64+20 consente l’accesso alla pensione se questa è almeno pari a 2,8 volte l’assegno sociale. In questo ambito, si potrebbe valutare se considerare anche la pensione complementare.