di Bruno Rovelli, Chief Investment Strategist BlackRock Italia
La pandemia legata al Covid-19 rappresenta allo stesso tempo uno shock ciclico senza precedenti per l’economia mondiale e un catalizzatore di cambiamenti strutturali che eserciteranno il loro effetto sulla società e l’economia globale per molti anni.
Dal punto di vista economico, dobbiamo riconoscere che, a differenza di quanto successe durante la grande crisi finanziaria del 2008, la risposta di politica monetaria e fiscale è stata più rapida, intensa e coordinata, una autentica “rivoluzione” nel modo di pensare le politiche economiche. Questa rivoluzione è certamente una conseguenza della crescita economica deludente e poco inclusiva che ha caratterizzato il decennio successivo alla grande crisi finanziaria e che sembra aver lasciato nelle autorità monetarie e fiscali globali la convinzione che il rischio di fare troppo poco sia superiore al rischio di fare troppo.
Quali sono le conseguenze principali di questa “rivoluzione” a livello economico?
1) il rientro dai deficit di bilancio abnormi dell’ultimo biennio sarà principalmente guidato dal venire meno degli stimoli temporanei introdotti durante la crisi del Covid 19 e dal fatto che le banche centrali terranno i tassi d’interesse reali (cioè aggiustati per l’inflazione) negativi per tutto il prossimo ciclo di espansione. Un restringimento strutturale della politica fiscale (come accade negli USA e in Europa nel triennio 2011-2013) sembra molto improbabile.
2) si assisterà ad una maggiore attenzione al tema della “inclusività” della crescita economica e alle conseguenze distributive delle politiche economiche adottate.
3) l’inflazione, pur rimanendo su livelli storicamente bassi, sarà strutturalmente vicina (nel caso dell’Europa) e spesso superiore (nel caso degli USA) ai livelli obiettivo delle banche centrali.
E quali invece le conseguenze sui mercati?
1) Tassi d’interesse reali che rimangono persistentemente negativi rappresentano un sostegno per le valutazioni degli asset rischiosi, siano essi pubblici o privati. Il rapporto prezzo/utili dei principali indici azionari globali appare significativamente più alto rispetto alle medie storiche, ma a nostro avviso questo è giustificato dal fatto che i tassi d’interesse reali sono negativi e significativamente inferiori alla crescita del PIL e degli utili aziendali nel medio periodo.
2) Analogamente nel mercato immobiliare tassi reali negativi e vincoli dal lato dell’offerta, più evidenti nel mercato residenziale che in quello commerciale, sostengono una crescita dei prezzi degli immobili superiore all’inflazione e alla crescita del reddito disponibile.
La pandemia da Covid-19 ha anche acuito la sensibilità sociale sui temi legati alla sostenibilità.
Da tempo abbiamo riconosciuto che il rischio climatico è un rischio di investimento e ci siamo sforzati di comprendere in che modo il cambiamento climatico potrebbe influenzare le prospettive economiche e dei mercati finanziari.
A livello macro-economico pensiamo che le azioni intraprese dai governi per combattere il cambiamento climatico porteranno, in termini di crescita, benefici rispetto ad uno scenario alternativo basato sull’inazione. Lo scenario di inazione infatti produce nel medio periodo, attraverso più frequenti e più violenti eventi climatici avversi, un rallentamento della crescita economica che invece nello scenario di transizione verde non si verifica.
A livello micro-economico la nostra idea è che le aziende non sostenibili siano più rischiose di quelle sostenibili e quindi, in equilibrio, debbano avere un costo del capitale più alto rispetto alle aziende sostenibili. A nostro avviso il percorso di aggiustamento nel costo relativo del capitale tra aziende sostenibili e non sostenibili è iniziato ma non è ancora completato e per questo motivo ci aspettiamo che, almeno per i prossimi 2-4 anni la performance borsistica delle aziende sostenibili sarà superiore a quella delle aziende non sostenibili.
Infine, non causata dalla pandemia ma accelerata da essa, è il confronto strategico tra Cina e Stati Uniti. Questo confronto strategico reintroduce considerazioni politiche in decisioni che per decenni sono state lasciate sostanzialmente all’autonomia delle singole aziende. Mentre non vediamo una tendenza generalizzata alla de-globalizzazione come probabile, in alcuni settori, come la tecnologia di base, le bio tecnologie, la gestione dei dati e pezzi della finanza, un progressivo distacco tra la Cina e gli USA sembra inevitabile.
L’Italia, che pure ha sofferto economicamente e socialmente più di altri paesi dello shock legato al Covid 19, appare tuttavia un potenziale beneficiario della “rivoluzione” nelle politiche economiche che abbiamo descritto sopra. L’approvazione da parte della Unione Europea di NextGenerationEU (NGEU) e l’adozione del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) da parte della BCE hanno contribuito alla stabilità economica e finanziaria dell’eurozona. Ora l’Italia, che benefica di circa 210 miliardi di euro di fondi da NGEU, di cui circa 68 miliardi a fondo perduto, si trova in una situazione ciclica favorevole. Le aspettative di crescita del PIL contenute nel Documento di Economia e finanza (4.5% per il 2021 e 4.8% per il 2022) saranno a nostro avviso significativamente superate al rialzo, soprattutto per l’anno in corso. Nel breve periodo sarà cruciale calibrare correttamente il rientro dalle misure assistenziali straordinarie adottate durante la pandemia con il significativo aumento degli investimenti pubblici reso possibile da NextGenerationEU. Nel medio periodo, il beneficio più rilevante per il paese dovrebbe venire dalle riforme strutturali. Qui riteniamo che il governo abbia identificato i temi fondamentali (riforma della giustizia civile, digitalizzazione della pubblica amministrazione, semplificazione della normativa sugli appalti pubblici e in materia ambientale, spinta verso una maggiore trasparenza e concorrenza soprattutto nei servizi regolamentati). La riforma del sistema fiscale, pur se non formalmente contenuto nel piano nazionale presentato alla Commissione Europea, sarà cruciale per rendere il sistema economico più equo e più incentivato alla crescita. Naturalmente sarà cruciale non solo l’impegno a legiferare sulle riforme strutturali, che in gran parte dovrebbe esaurirsi entro il 2022, ma soprattutto la determinazione dei governi che succederanno all’attuale nell’assicurare il successo operativo delle riforme stesse. Solo in questo modo sarà possibile far recuperare al paese quel gap di produttività rispetto al resto dell’eurozona che spiega gran parte della deludente crescita Italiana degli ultimi 20 anni.