di Leonardo Verdi e Anna Dalla Marta, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali – Università degli Studi Firenze
È ormai chiaro che sistemi agricoli basati sull’utilizzo intenso di input di sintesi come fertilizzanti, fitofarmaci ed erbicidi hanno delle pesanti ricadute a livello ambientale, ponendosi tra le maggiori cause di una sensibile riduzione dei servizi ecosistemici. I principali impatti includono l’erosione e la riduzione dei livelli di sostanza organica del suolo, l’aumento delle emissioni di gas serra e di ammoniaca, l’acidificazione, l’eutrofizzazione, la salinizzazione delle acque e dei suoli e la perdita di biodiversità. Per questi motivi, il settore agricolo e la ricerca agronomica sono chiamati a fornire soluzioni innovative e sostenibili che siano in grado di mantenere gli attuali livelli produttivi assicurando, allo stesso tempo, la conservazione delle risorse naturali.
Una pratica agronomica interessante è la consociazione o intercropping, ovvero la coltivazione simultanea di differenti specie vegetali. Esistono differenti tipologie di intercropping in base alle specie utilizzate (erbacee, arboree, miste ecc.), allo spazio dedicato alle singole colture (miscugli o coltivazione su strisce alternate) e al periodo in cui più specie coesistono. In questo senso la coltivazione simultanea delle diverse specie può essere riferita all’intero ciclo vegetativo (intercropping permanente) o a periodi limitati nei quali le colture coesistono (intercropping temporanea), in questo caso si parla di “relay intercropping”. Negli ultimi anni si è assistito a un crescente interesse verso questa pratica e nello specifico verso la consociazione di cereali e leguminose che sembrano fornire risultati interessanti da un punto di vista agronomico, produttivo e ambientale. L’incremento della biodiversità all’interno dell’azienda agricola, attraverso sistemi colturali misti, riduce la domanda complessiva di nutrienti come ad esempio quella dell’azoto, che viene in parte fornito dalle specie leguminose, o del fosforo che sembra essere influenzato da particolari prodotti del metabolismo di alcune colture (spesso leguminose) che favoriscono la mobilizzazione da forme indisponibili in forme assimilabili per le colture principali.
L’incremento del numero delle specie vegetali che insistono sullo stesso appezzamento permette una migliore e meno onerosa gestione delle specie infestanti, che trovano minor spazio per la loro diffusione oltre che periodi più limitati, rispetto alle rotazioni convenzionali, in cui gli appezzamenti si trovano privi di copertura vegetale. Una maggiore diversità colturale rappresenta, inoltre, un fattore di resilienza del sistema che risulta meno sensibile all’incidenza di malattie e parassiti.
Infine, la coesistenza di differenti specie con habitus, morfologia e cicli vegetativi diversificati permette un uso più efficiente della radiazione solare, dello spazio, delle sostanze nutritive e dell’acqua. Questo determina profonde modifiche nella concezione della moderna agricoltura che deve necessariamente mirare alla massima efficienza d’uso delle risorse senza penalizzare le produzioni. La coltivazione simultanea di specie con apparati radicali morfologicamente diversi che esplorano diverse profondità, permette una migliore utilizzazione delle risorse disponibili all’interno del suolo e lo svolgimento di una minima lavorazione a seguito della degradazione degli apparati radicali al termine del ciclo vegetativo delle colture.
Nell’ambito dell’intercropping, una pratica che viene spesso adottata è la bulatura. Questa strategia di gestione agronomica prevede la trasemina primaverile di una coltura leguminosa su un cereale autunno-vernino durante la fase di accestimento. In questo modo, la specie leguminosa dispone di un lasso di tempo sufficiente per svilupparsi ed insediarsi, prima che il cereale entri in fase di levata, riducendo sensibilmente la quota di radiazione solare disponibile per la leguminosa. Questa pratica permette il mantenimento della copertura del suolo anche dopo la raccolta del cereale grazie alla leguminosa che si è sviluppata in concomitanza con il cereale. Alla raccolta del cereale, il terreno quindi si presenta coperto dalla specie leguminosa che, avendo pieno accesso alla radiazione solare, può svilupparsi e produrre biomassa per usi differenti (sfalci per la produzione di fieno, interramenti per il miglioramento della fertilità del suolo, protezione del terreno durante i periodi più critici ecc.).