La situazione del mondo della produzione e del lavoro deve far fronte, in questo momento di crisi conseguente alla pandemia per Coronavirus, a notevoli difficoltà, soprattutto nelle regioni del Nord attaccate per prime dall’emergenza sanitaria, di cui non si intravede ancora una soluzione.
Le disposizioni varate, nei giorni scorsi, dal Governo mentre vanno nella direzione di limitare la diffusione del virus, fino a bloccarla, creano notevoli disagi soprattutto al mondo dell’agroalimentare, impegnato a non far mancare tutto ciò che è necessario al Paese.
Su questi aspetti, abbiamo sentito Alessandro Maraschi, coordinatore per la categoria degli agrotecnici nel Comitato amministratore della Cassa presso l’Enpaia, raggiungendolo telefonicamente nella sua casa a Milano.
Qual è la sua valutazione in merito alle misure prese dal Governo e all’impatto che esse hanno sulla vita delle persone e sulla produzione al Nord, in particolar modo in Lombardia?
“Le limitazioni imposte vanno bene e credo che andiamo nella direzione giusta tanto che ci stanno copiando e si stanno adattando anche gli altri Paesi europei. Man mano che vengono fuori le problematiche fanno un copia ed incolla di quello che noi abbiamo fatto e che abbiamo copiato dalla Cina.
A Milano, città dove io vivo, polizia urbana, vigili urbani, carabinieri e poliziotti sono molto seri in questa situazione di emergenza. Attuano un controllo stringente per evitare che le persone circolino senza un’autocertificazione che attesti un giusto motivo per stare fuori casa, mettendo in pericolo la propria vita e quella delle altre persone. Siamo tutti chiusi in casa e ci muoviamo per le cose necessarie, come fare la spesa e per tutti quei pochi spostamenti necessari previsti dal decreto del Governo, modificando così i nostri comportamenti quotidiani. L’unico suono che sentiamo noi in strada sono le ambulanze, che continuano a correre a destra e a manca, ma per il resto si sta cercando di rispettare quanto stabilito e di prendere quelle precauzioni essenziali quando usciamo di casa”.
Quali possono essere, secondo lei, le conseguenze di tutto ciò sull’agroalimentare?
“Alla lunga avremo sicuramente un aumento dei costi, perché la produzione scarseggia già da ora e spesso è anche difficile spiegare, alle autorità che effettuano i controlli, che bisogna andare comunque nel proprio campo, nella propria azienda agricola per portare avanti le coltivazioni. Sicuramente ci saranno degli aumenti di costo per i consumatori non indifferenti.
Per esempio, io sabato aspettavo un meccanico, che non è potuto venire perché non è arrivato il pezzo di ricambio. Quindi la natura ritarda e, di conseguenza, la semina e la raccolta arrivano in momenti sballati”.
Come guarda alla scadenza del 3 aprile, avremo conseguenze anche in seguito?
“Certamente avremo notevoli conseguenze che ci porteremo avanti per molto tempo.
Innanzitutto credo che questa data, come si legge sui giornali e su internet, non sarà rispettata e verrà sicuramente allungata, perché il contagio sta continuando ad aumentare. Basti vedere i dati: ogni giorno aumentano il numero dei contagiati e dei morti, ma sappiamo a quanti esattamente viene fatto il tampone? E’ un po’ aleatoria come situazione.
Il nostro problema, come agrotecnici e com’è scritto nei regolamenti della Cassa di Previdenza, è che la gente non potrà proseguire nei versamenti rateali e pensare di versare i saldi ad agosto, sulla base dei redditi dello scorso anno, perché adesso saranno fermi per due/tre mesi, in quanto nessun cliente ora ci chiede di andare in azienda a fare dei lavori. E’ tutto bloccato”.
Problemi reali che hanno bisogno di attenzione e provvedimenti necessari per aiutare una categoria importante per il settore agroalimentare.
I provvedimenti varati nei giorni scorsi dal Governo di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese, connesse all’emergenza sanitaria in corso, possono certamente aiutare la ripresa, ma hanno bisogno di avere ulteriori provvedimenti di sostegno e di sviluppo.
M.A.C.