di Ettore Prandini, Presidente Coldiretti
L’Italia è al bivio fra crisi energetica e transizione ecologica. La sfida per il futuro del Paese, di imprese e famiglie, è nel cambiamento verso un nuovo paradigma produttivo che punti su ambiente, biodiversità, territori e sovranità alimentare con investimenti sull’agroalimentare. Il nostro settore va ormai considerato un vero e proprio asset strategico nazionale con un valore di 575 miliardi euro e 4 milioni di posti di lavoro, ma con la necessità di essere potenziato per affrontare meglio le tensioni internazionali che pesano sulle rotte mondiali di cibo e bevande. L’intera filiera nazionale, dalla trasformazione alla distribuzione, è messa a dura prova dall’effetto domino innescato dal caro energia con l’aumento dei costi di produzione che registra valori anche dieci volte superiori rispetto ai competitor esteri. Uno scenario che ha portato in Italia più di 1 azienda agricola su 10 (13%) in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, mentre il 34% del totale nazionale si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari.
La strategia europea contro il caro energia va affiancata in Italia, ma non solo, all’uso degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti per arrivare alla realizzazione di impianti per la distribuzione del biometano per alimentare le flotte del trasporto pubblico come autobus, camion e navi oltre alle stesse auto dei cittadini. In questo modo sarà possibile generare un ciclo virtuoso di gestione delle risorse, taglio degli sprechi, riduzione delle emissioni inquinanti, creazione di nuovi posti di lavoro e sviluppo della ricerca scientifica in materia di carburanti green. Gli impianti di biogas in Italia oggi producono 1,7 miliardi di metri cubi di biometano, ma è possibile quadruplicare questa cifra in meno di dieci anni con la trasformazione del 65% dei reflui degli allevamenti. E’ importante cogliere le opportunità che vengono dall’economia circolare con una rete per il biometano la cui creazione va di pari passo con l’utilizzo dei fertilizzanti organici e, in particolare, del digestato eliminando la soglia dei 170 chilogrammi di azoto per ettaro all’anno. Una misura necessaria a fronte di prezzi dei fertilizzanti andati alle stelle che mettono in ginocchio le imprese agricole in tutto il mondo.
Vanno inoltre superati i limiti di produzione di energia solare con i tetti di 20 mila stalle pronti a diventare centri fotovoltaici al servizio del Paese e promuovere l’utilizzo dei fertilizzanti organici. Ma un aiuto importante potrebbe venire anche dal fotovoltaico pulito ed ecosostenibile per il quale sono tra l’altro previsti 1,5 miliardi di euro di fondi nell’ambio del Pnrr. Secondo uno studio di Coldiretti Giovani Impresa solo utilizzando le coperture di stalle, cascine, magazzini, fienili, laboratori di trasformazione e strutture agricole sarebbe possibile recuperare una superficie utile di 155 milioni di metri quadri di pannelli con la produzione di 28.400Gwh di energia solare, pari al consumo energetico complessivo annuo di una regione come il Veneto.
Occorre però anche respingere al mittente la proposta Ue di revisione della direttiva sulle emissioni industriali che finisce addirittura per equiparare una stalla con 150 mucche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate. Una ipotesi inaccettabile che ho voluto contestare direttamente a Bruxelles al vice presidente esecutivo della Commissione Europea Frans Timmermans e al Commissario Europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski. Il risultato sarebbe infatti un crollo della capacità produttiva che rischia di essere sostituita da importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili allevatoriali caratterizzanti il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, dalla spinta proprio alla produzione di cibi sintetici. Da qui la richiesta di rivedere la direttiva che non si tiene conto della circolarità dell’attività zootecnica, in termini di sostenibilità e delle riduzioni delle emissioni ottenute dal settore negli ultimi anni.
Se l’Unione Europea è uscita dalla drammatica crisi del Covid è stato solo grazie allo sforzo congiunto e condiviso messo in campo con il Next Generation 1 e il Fondo europeo Sure. Di fronte a questa emergenza, per certi versi ancora più grave della prima in quanto colpisce in maniera “diseguale” Paesi, imprese e famiglie europee, la risposta non dovrebbe che essere di unità europea attraverso il ricorso a misure finanziate dal bilancio europeo con l’adozione di un “Next generation 2” contro il caro energia. Non dobbiamo infine dimenticare che i cambiamenti climatici impongono un nuovo approccio alla gestione delle risorse. In questo scenario di profonda crisi idrica è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso delle risorse idriche ad oggi disponibili, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti dai cambiamenti climatici e favorire interventi infrastrutturali di medio-lungo periodo volti ad aumentare la capacità di accumulo dell’acqua per una gestione ottimizzata nei periodi di maggiore richiesta.
Per questo chiediamo al nuovo Governo di sfruttare i fondi del Pnrr per garantire la sovranità alimentare ed energetica e ammodernare la rete logistica, di difendere i 35 miliardi di fondi europei per l’agricoltura, di dire un deciso no al Nutriscore, al cibo sintetico e agli accordi internazionali che penalizzano il Made in Italy ed è necessario fermare l’invasione di cinghiali che mette a rischio le produzioni agricole e la sicurezza delle persone.