di Paolo Pellegrini, Vicedirettore Mefop
Con il maturare del dibattito parlamentare e governativo sulla legge di bilancio, si va progressivamente delineando il quadro delle novità in materia di previdenza. Accantonato per ora – anche per mancanza di tempo – il preannunciato superamento dei requisiti Fornero, le misure si concentrano sull’introduzione di una particolare quota 103, che prenda il posto di quota 102.
Come le precedenti, in realtà è una quota fissa: da 64 anni di età e 38 anni di contributi di quota 102 entro dicembre 2022, infatti, si ammette l’uscita anticipata dal lavoro con un minimo di 62 anni di età e 41 anni di contributi entro dicembre 2023, fermi restando gli ordinari requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne) e di vecchiaia (67 anni di età e 20 di contributi), oltre ai 64 anni di età, 20 di contributi e pensione 2,8 volte l’assegno sociale per i contributivi puri.
La nuova quota 103, però, al momento in cui si chiude questo articolo, è ammissibile con dei limiti: per accedervi la pensione non potrà essere superiore a 5 volte il minimo Inps (circa 36.600 euro lordi annui nel 2023) e non potrà poi essere cumulata con altri redditi da lavoro, esclusi quelli da lavoro autonomo occasionale fino a un massimo di 5.000 euro.
Per premiare chi, pur avendo i requisiti di quota 103, decida di continuare a lavorare, è poi previsto un nuovo “bonus Maroni”. In particolare è prevista una decontribuzione in busta paga pari alla quota contributiva a carico del lavoratore dipendente (circa il 9,19%). Naturalmente questo comporta un congelamento dell’importo della pensione al livello maturato al momento del rinvio.
A completare il quadro delle misure, vi è poi il rinnovo dell’Opzione donna – in una versione corretta che potrebbe essere rivista durante il percorso parlamentare – e la proroga dell’Ape sociale.
Quanto all’opzione donna, vi è attesa per la formulazione definitiva, per via del dibattito che ha seguito le prime proposte. Al momento la proroga sarebbe limitata alle caregiver e alle invalide civili con 60 anni di età e 35 di contributi entro il 2022, con riduzione del requisito anagrafico di un anno (59) per le lavoratrici con un figlio e di due anni (58 anni) per quelle con almeno due figli o che siano state licenziate. L’Ape sociale, invece, sarebbe prorogata di un anno senza modifiche. Da non trascurare, infine, sono le misure che riguardano la rivalutazione delle pensioni.
Alle viste – salvo modifiche nella versione finale della legge di bilancio – un nuovo meccanismo su sei fasce di rivalutazione, che “morde” anche pensioni non particolarmente ricche: il 100% fino a 4 volte il minimo; l’80% tra 4 e 5 volte il minimo; il 55% tra 5 e 6 volte il minimo; il 50% tra 6 e 8 volte il minimo; il 40% tra 8 e 10 volte il minimo; il 35% oltre 10 volte il minimo. Per converso, salvo modifiche del testo finale, per le pensioni al minimo si prevede una perequazione maggiorata.
Come evidenziato, si tratta di misure specifiche in attesa di una riforma organica che potrebbe essere strutturata nel corso del prossimo anno coinvolgendo le parti sociali. Anche per via della necessità di chiudere la legge di bilancio in tempi stretti, al momento non emerge ancora una visione chiara dell’assetto strutturale del futuro delle pensioni. Vedremo l’evoluzione che avrà il dibattito e le prospettive di riforma che saranno individuate, auspicando che la flessibilità in uscita tenga conto e sia accompagnata anche da misure di incentivo alla previdenza complementare.