L’introduzione della condizionalità sociale nella Politica agricola comune (Pac) è stata una grande e, in parte, inattesa vittoria del sindacato, italiano ed europeo.
Grande perché, per la prima volta l’Unione europea ha inserito nel suo ordinamento una norma che condiziona la concessione di aiuti pubblici alle aziende al rispetto dei diritti del lavoro, oltre che dell’ambiente e del benessere animale.
Inattesa perché, sebbene invocata dai sindacati italiani Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil da oltre 20 anni, è maturata nel periodo dell’emergenza Covid, quando i lavoratori del settore agroalimentare furono considerati degli “eroi” perché, malgrado la pandemia in atto, non smisero mai di lavorare per garantire il cibo sulle tavole dei cittadini europei.
La condizionalità sociale si basa sul principio che gli aiuti della Pac non debbano andare alle aziende che non rispettano i diritti del lavoro. Un principio di equità sociale che il sindacato ha ottenuto con la riforma del 2023 e che dovrà difendere, in vista della futura revisione della Pac, da chi, al contrario, vorrebbe rimetterlo in discussione.
Nell’ottobre del 2020 il parlamento europeo approvò degli emendamenti alla proposta della Commissione di riforma della Pac, promossi dal sindacato europeo Effat e presentati dai gruppi Alleanza dei progressisti e Verdi, che vincolavano la concessione degli aiuti al rispetto di tre Direttive europee in materia di sicurezza e di trasparenza delle condizioni di lavoro.
L’emendamento superò l’esame del “trilogo”, anche grazie al ruolo trainante del governo italiano e dell’allora ministro Patuanelli e divenne “legge” europea, obbligatoria dal 2025 ma che il nostro paese ha introdotto, su base volontaria, già dal 2023. Anche Austria, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Spagna hanno introdotto la condizionalità sociale e altri paesi lo faranno.
In Italia il governo Meloni ne ha attuato l’applicazione, prevedendo una riduzione degli aiuti variabile tra il 3 e il 30%, in base a gravità, reiterazione e intenzionalità dell’infrazione e recependo una delle richieste più importanti del sindacato italiano che era quella di legare la condizionalità sociale anche al rispetto della legge 199/2016 contro il Caporalato in agricoltura.
Monitorare l’applicazione della norma sarà il primo compito del sindacato, il cui obiettivo è di difendere il principio della condizionalità da chi vorrebbe affossarlo, di estenderlo ad altri fondi europei e di rafforzarlo, includendo altre normative nella sua applicazione, sebbene non esista ancora un regolamento UE che punisca e sanzioni lo sfruttamento del lavoro nero e irregolare in agricoltura…
A sostegno delle ragioni del sindacato ci sono, da un lato l’orientamento, espresso nelle linee guida 2024-2029 della nuova Commissione, di rafforzare il modello sociale europeo e promuovere il lavoro di qualità; dall’altro, i riflessi della Direttiva 2024/1760 sul dovere di diligenza delle imprese in materia di sostenibilità, che chiede strategie aziendali di gestione delle attività, lungo tutta la filiera produttiva, rispettose dei diritti umani e sociali, oltreché dell’ambiente.
Per l’Effat, insieme al confronto con gli Europarlamentari, la principale sede di discussione su questi temi sarà il comitato del Dialogo sociale agricolo europeo, insieme alle forze datoriali rappresentate dal Geopa e alla Commissione UE. Ci auguriamo di poter incontrare, in questa sede, il nuovo commissario agricolo Hansen che ha mostrato grande attenzione verso i temi del lavoro.
Il sindacato europeo è pronto a difendere la condizionalità sociale ma anche a battersi affinché non venga ridotto il budget destinato all’agricoltura.