L’agricoltura è sempre stata un’attività strettamente legata all’uomo. Oggi, l’intelligenza artificiale si affianca all’agricoltore, offrendo strumenti e soluzioni per ottimizzare le produzioni e migliorare la qualità dei prodotti. A chiusura di un ciclo di primi otto corsi di formazione professionale, ispirata da Fondazione ENPAIA e realizzata con il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti tra Roma, Rovigo, Milano, Bari, Viareggio, Napoli, Potenza e Reggio Calabria, abbiamo intervistato il dott. Giuseppe Peleggi, responsabile della direzione Ricerche e Rilevazioni Statistiche di Fondazione Enpaia che ci spiega come questa collaborazione, tra uomo e macchina, stia ridefinendo il volto dell’agricoltura.
Dott. Peleggi, da più fonti si rileva che l’Umanità abbia impiegato più di centomila anni per raggiungere il primo miliardo di presenze; poi, in poco più di 200 anni ha traguardato gli 8 miliardi di individui. Per il futuro, considerando l’andamento calante dei tassi di natalità che sta interessando maggiormente i paesi più avanzati e ricchi, ma non solo, la crescita della popolazione mondiale finirà per rallentare; anche se nel breve periodo giocherà in controtendenza l’allungamento della vita.
Si stima quindi che, tra circa 50 anni, l’Umanità potrebbe contare 10 miliardi di persone ma, da allora in poi si dovrebbe innescare un lento declino. A breve quindi dovremo far da registi di “aggiungi un posto a tavola, anzi 2 miliardi di posti”. Che fare? direbbe Lenin.
È innegabile che prevedere che nel corso dei prossimi 50 anni si aggiungeranno alla mensa del pianeta 2 miliardi di nuovi invitati non è una problematica da risolvere con la logica malthusiana (ovvero contando proprio sugli accadimenti “naturali storici”: pandemie, carestie, guerre, ecc.). A fronte degli effetti derivanti dai mutamenti climatici, che con la maggiore siccità, le più frequenti ed estese inondazioni e le crescenti devastazioni prodotte dagli incendi già stanno riducendo le aree coltivate e coltivabili del pianeta, l’unica via da perseguire, per dare una risposta alla crescente richiesta di alimentazione, è legata proprio all’utilizzo delle innovazioni tecnologiche da applicare a quell’oceano di maggiori informazioni di cui si può attualmente disporre. Sicuramente sarà, da subito, necessario velocizzare la diffusione delle innovazioni riguardanti il comparto agricolo.
Lungo tale percorso, comunque, l’agricoltura si sta già muovendo da tempo. La sua digitalizzazione, seppure ancora troppo lenta, è comunque una realtà che si sta saldamente ancorando alle diverse intelligenze artificiali già sviluppate. Questo già avviene per: i processi di lavorazione praticabili con l’automazione/robotica agricola; il monitoraggio delle attività (ad es. delle colture, delle variabili del benessere animale, i parametri utili e necessari ad aumentare la produttività del suolo, l’efficienza, la sostenibilità, la qualità dei prodotti, la riduzione degli sprechi di risorse – come l’acqua, gli integratori, il tempo, ecc.- o anche il contenimento o l’abbandono degli input relativamente più dannosi – antiparassitari, ecc.-); l’analisi predittiva delle informazioni fondamentali per la gestione dello sviluppo aziendale.
Un numero sempre crescente di aziende sta raccogliendo le diverse categorie dei propri dati: agronomici, metrologici, ambientali, tecnici di macchine utilizzate, di anagrafica e salute animale col tracciamento della crescita, del magazzino aziendale, fino ai dati delle poste finanziarie dell’azienda. La raccolta dei dati è realizzata usando un’ampia gamma di fonti: macchinari/trattori, droni, satelliti, GPS, telerilevamenti, sensori specifici, smartphone che spesso operano in connessione-interoperabilità tra loro e anche con fornitori esterni di servizi, consulenti, cooperative-associazioni, autorità dell’Amministrazione pubblica e Organismi di controllo.
Stiamo, però, parlando di diverse intelligenze artificiali con un’offerta quindi di “servizi” frazionati per cui, forse, la sola composizione delle scelte per le tante piccole aziende potrebbe risultare complessa. Oppure no?
È vero, ma d’altra parte lo sviluppo tecnologico tende sempre a rispondere alle domande frazionate e diverse che giungono dal mercato seguendo lo stimolo indotto dalle richieste di maggior peso, per poi, però, proseguire integrando anche le necessità meno diffuse che vengono espresse, fino all’estrema nicchia.
Ci vuole un po’ di tempo, ma accade. Effettivamente, anche nel comparto agricolo, in contemporanea già si sta perseguendo l’integrazione delle diverse linee delle intelligenze artificiali, per cui anche nel processo di innovazione si va configurando un più efficiente ed efficace livello di prestazioni automatizzate, caratterizzate da sempre più semplici e ridotti tempi di programmazione/organizzazione.
In taluni casi poi, la programmazione umana dell’attività diviene superflua visto che l’innesco di talune azioni della macchina sono già sottese nel corpo dei suoi algoritmi e scattano automaticamente in conseguenze della lettura dei dati affluiti dalle diverse fonti per alimentare l’artificiale processo decisionale.
In termini pratici, si fa ad esempio riferimento alla robotica da diserbo integrata dai progressi della visione artificiale (utile al riconoscimento delle piante e quindi alla corretta selezione del coltivato dall’infestante) con macchina applicata al trattore senza conducente (il cui movimento è integrato ovviamente con i dati dell’area da lavorare).
In tal senso, ritiene che il nostro Paese potrà aumentare la produttività del proprio agroalimentare in modo tale da poter contribuire nei prossimi ravvicinati decenni a dare una risposta adeguata alla nuova fetta di Umanità che popolerà la tavola globale? Esistono fattori critici determinanti per lo sviluppo moderno delle nostre imprese?
Le possibilità di connessione costituiscono sempre più un elemento essenziale della moderna gestione delle aziende agricole e agroalimentari. Ne deriva ovviamente la necessità di diffondere adeguatamente livello delle competenze tecnico-informatiche tra le forze lavoro dell’agroalimentare e delle strutture gestionali, affinché le trasformazioni tecnologiche in atto possano dispiegare appieno le opportunità e i vantaggi offerti dall’intelligenza artificiale.
Determinante resta comunque la diffusione della possibilità di connessione alla rete, fattore cruciale per il settore operante in tutte le aree rurali sotto molti aspetti essenziali proprio al mantenimento e possibilmente al rafforzamento della vita delle comunità rurali (si pensi alla salute, all’istruzione, ai trasporti, al turismo, ecc.), affinché non si disperda la loro storica vitalità e possano vivacemente attrarre le future generazioni.
La diffusione della connettività adeguata all’adozione delle nuove tecnologie di AI in Italia, come anche negli altri Paesi (seppure con gradi diversi), dipende poi dalla distribuzione della banda larga messa a disposizione sul territorio nazionale e dalla capacità di coprire il Paese azzerando il divario vigente tra le aree urbane e le zone rurali (e qui, normalmente, accade che in mente tornino le offerte di abitazioni a un Euro che alcuni piccoli comuni fanno per uscire dalla desertificazione).
Rispetto alla connessione la richiesta relativa all’ampiezza della banda di trasmissione può sembrare eccessiva ma, a parer mio, c’è da considerare che affrontando la questione meglio sarebbe non lasciare indietro il settore agroalimentare fornendo un’infrastruttura già adeguata al prossimo 5 e 6G e in grado di sopportare gli sviluppi integrati dell’AI.
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