A partire dalla metà del secolo scorso, l’irrigazione su larga scala ha consolidato l’idea alla base di questa pratica agronomica: garantire rese più elevate e di qualità superiore, mantenendo una costanza nel tempo, riducendo la dipendenza dalle incertezze climatiche e incrementando il reddito. La variabilità stagionale, pur essendo sempre una sfida per le produzioni agricole, era un elemento prevedibile entro un certo margine. Tuttavia, il rapido avanzare dei cambiamenti climatici ha sconvolto questo equilibrio, con stagioni sempre più irregolari ed eventi estremi in aumento sia per intensità che per frequenza che hanno portato l’incertezza a livelli difficilmente sostenibili.
Nonostante l’Italia sia tra i Paesi più ricchi d’acqua al mondo, la distribuzione della risorsa sul territorio è squilibrata, e la competizione per il suo utilizzo continua a crescere. Circa la metà dei prelievi idrici è destinata all’agricoltura, ma il contesto è in evoluzione a causa della diminuzione delle nevicate, delle piogge concentrate in brevi periodi, del crescente numero di eventi climatici estremi e dell’aumento della domanda legata al clima. Questo compromette la ricarica delle falde e riduce la portata di sorgenti e corsi d’acqua, mentre le riserve acquifere nelle pianure soffrono un bilancio negativo dovuto allo sfruttamento eccessivo e all’intrusione di acqua salata nelle zone costiere. Le finestre di deficit idrico diventano più estese e gravi, con primavere sempre meno piovose nell’Italia peninsulare, e stime variabili dei volumi d’acqua utilizzati annualmente in agricoltura, tra 12 e 20 chilometri cubi. Di fronte a questo scenario, la raccolta delle acque superficiali diventa una priorità, sebbene i tempi lunghi di realizzazione degli invasi e delle opere di adduzione siano un ostacolo significativo. Una possibile eccezione è rappresentata dall’uso di reflui trattati, i cui volumi sono minori e più prevedibili.
Nel frattempo, il settore agricolo è sempre più sotto pressione per la gestione delle risorse idriche. Il termine “risorsa” indica, etimologicamente, qualsiasi mezzo che possa fornire sostegno in momenti di bisogno. L’acqua, essenziale per la vita, è una risorsa naturale la cui disponibilità sta diminuendo, mentre la domanda continua a crescere. Quando una risorsa viene sfruttata a vantaggio dell’uomo, diventa un bene, ma per trasformare questo potenziale in un beneficio reale, è necessaria una gestione efficace dei flussi, con ruoli e competenze ben definiti. Questo processo di trasformazione è il vero collo di bottiglia.
L’agricoltura, in particolare, è chiamata a fare “di più con meno”, migliorando la produttività dell’acqua (more crop per drop) e riducendone lo spreco. Entrambe queste strategie rientrano in un concetto più ampio di efficienza, che si misura nel rapporto tra la quantità di acqua effettivamente utilizzata e quella distribuita. Tuttavia, se da un lato un aumento dell’efficienza comporta una riduzione dei consumi unitari, dall’altro non implica automaticamente una riduzione del consumo totale.
L’idea che un miglioramento dell’efficienza irrigua possa liberare risorse idriche per altri usi non è del tutto corretta. Spesso accade il contrario: l’aumento dell’efficienza, favorito da tecnologie avanzate, tende a portare a un incremento del consumo di risorse, come spiegato nel 1865 da William S. Jevons con il suo Paradosso a proposito del carbone. Questo avviene in assenza di una gestione rigorosa dei prelievi, di una valutazione dei rischi futuri e di una consapevolezza sull’uso delle tecnologie e degli incentivi. Solo gli enti pubblici, ben connessi al territorio, possono affrontare efficacemente queste sfide. La riduzione dello spreco, infatti, dipende più dalla gestione che dalla tecnologia, e il massimo risultato si ottiene combinando entrambi.
L’ottimizzazione nell’uso delle risorse può introdurre incertezze che spesso rallentano i cambiamenti auspicati. Strumenti avanzati di gestione delle interazioni tra le componenti del sistema colturale potrebbero agevolare il superamento delle resistenze e degli stereotipi, aprendo la strada a una gestione più efficiente e sostenibile delle risorse idriche.
Un approccio integrato all’uso dell’acqua, che miri a ridurre la domanda e favorisca la collaborazione tra utenti e gestori del servizio idrico, è essenziale. In questo contesto, il Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno ha avviato il “Patto per l’Acqua”, coinvolgendo enti tecnici, organizzazioni professionali ed enti locali, con la Regione Toscana come interlocutore principale. L’obiettivo è introdurre misure coordinate per superare le criticità attuali e prevenire quelle future, promuovendo una gestione multidisciplinare dell’irrigazione e offrendo supporto alle aziende agricole.
Con questi presupposti, le barriere verso la sostenibilità potrebbero finalmente essere abbattute.