Cos’è il Carbon Farming
L’agricoltura, uno dei settori più vulnerabili al cambiamento climatico, si trova a fronteggiare gravi problemi legati all’innalzamento delle temperature, con conseguenti impatti negativi sull’irrigazione e sulla produttività del terreno. Allo stesso tempo, l’agricoltura contribuisce alle emissioni climalteranti, ma ha anche un notevole potenziale di assorbimento di tali emissioni, in gran parte inutilizzato.
Il termine “carbon farming” si riferisce a pratiche mirate a ridurre, evitare o rimuovere le emissioni atmosferiche. Tra queste pratiche, si presta particolare attenzione al biochar, alle tecniche di coltivazione e potatura, all’agroforestazione e all’agrivoltaico.
L’attività di carbon farming può generare crediti di carbonio vendibili nei mercati volontari del carbonio (VCM). Le imprese soggette ai mercati di carbonio obbligatori (ETS) possono acquistare questi crediti per compensare le emissioni ‘residue’, ovvero quelle che rimangono dopo aver ridotto le proprie emissioni con le tecnologie a disposizione. I VCM hanno prezzi molto più bassi di quelli osservati nei mercati obbligatori (che hanno raggiunto nei mesi scorsi anche i 100€ a tonnellata sul mercato europeo). Ciò sta generando una notevole attenzione sia per le opportunità di guadagno che potrebbe offrire in futuro il carbon farming, sia per le questioni di qualità ed eticità sollevate dal basso livello dei prezzi fin qui osservato sui VCM.
La mancanza di standardizzazione nelle metodologie di monitoraggio, reporting e verifica (MRV) per l’assorbimento di gas serra rende difficile la diffusione del carbon farming su larga scala. Tuttavia, questa lacuna offre al contempo spazi per approcci innovativi, stimolando la creatività imprenditoriale e l’adattamento alle esigenze agricole specifiche.
Inoltre, l’industria agricola può contribuire attivamente allo sviluppo di protocolli MRV, garantendo una partecipazione diretta e riducendo le disuguaglianze economiche nel settore agricolo.
I guadagni dalla vendita di crediti di carbonio derivanti dal carbon farming dipendono da diversi fattori, come il tipo di progetto, il mercato, la quantità di emissioni ridotte e i partenariati.
Attività in corso dell’Università di Siena e Collaborazione con l’Università di Firenze
Il gruppo di ricerca del Prof. Borghesi ha focalizzato la ricerca attorno ai mercati volontari di carbonio (VCM), identificando criteri essenziali per valutarne il potenziale. La mappatura dei mercati in Italia e all’estero ha rivelato che i VCM locali sono ancora in fase embrionale, con capacità di assorbire gas serra ma senza un segnale di prezzo trasparente.
La collaborazione con il DAGRI dell’Università di Firenze ha consentito uno studio più approfondito delle differenze tra le pratiche di carbon farming locali, sia dal punto di vista del potenziale di mitigazione che degli impatti ambientali. Questo approccio mira a fornire una panoramica completa delle varie metodologie e delle loro implicazioni, contribuendo così a una migliore comprensione e implementazione di pratiche sostenibili ed efficaci.
Tra gli obiettivi per il futuro, è previsto lo sviluppo di un calcolatore dedicato ai potenziali crediti di carbonio, accessibile a ogni agricoltore. La decisione di adottare pratiche di carbon farming e di partecipare ai mercati dei crediti di carbonio dipenderà principalmente dai seguenti elementi chiave:
- L’identificazione delle possibili pratiche di carbon farming in relazione all’attività agricola svolta.
- La definizione dei parametri essenziali, tra cui superficie e durata, necessari per rendere idonee le pratiche alla generazione di crediti.
- La valutazione del potenziale guadagno economico derivante dall’implementazione del carbon farming all’interno della propria azienda agricola.
Questi obiettivi mirano a fornire agli agricoltori strumenti e conoscenze essenziali per partecipare attivamente a pratiche sostenibili e contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra.