Lo scorso 14 gennaio la politica agricola comune (PAC) ha festeggiato il suo 62° compleanno.
La Comunità economica europea (CEE), costruita sulle macerie della Seconda guerra mondiale, con l’istituzione della PAC – sancita dal Trattato di Roma del 1957 – si è impegnata solennemente ad evitare che la fame e la carestia che avevano colpito l’Europa postbellica potessero ripetersi. La PAC, inoltre, ha fornito un contributo fondamentale nella creazione dell’Europa come la conosciamo oggi e può essere considerata come la prima politica completamente integrata dell’UE (e per molti anni anche l’unica).
Nel tempo, però, i successi conseguiti nel promuovere la produttività e gli approvvigionamenti e nel garantire prezzi equi, mediante la stabilizzazione del mercato interno, si sono trasformati in “eccessi” evidenziando significativi limiti di efficienza ed equità. Anche sul piano occupazionale, la PAC non è sembrata in grado di contrastare il fenomeno di esodo dalle campagne che ha caratterizzato il secondo dopoguerra in tutte le economie europee.
Nel corso degli anni, le istituzioni europee hanno provato a cercare correttivi a queste criticità, prima con l’introduzione del regime delle quote latte, poi attraverso una serie di profonde revisioni che hanno visto il progressivo smantellamento degli strumenti di intervento di mercato e l’adozione di meccanismi di sostegno al reddito degli agricoltori, basati sull’erogazione di pagamenti diretti pressoché disaccoppiati nonché un crescente impegno verso le questioni ambientali. Parallelamente sono state rafforzate le politiche dello sviluppo rurale, introducendo specifici strumenti di sostegno agli investimenti di ammodernamento aziendale, alla valorizzazione delle produzioni agroalimentari di qualità ed alla remunerazione dell’impegno ambientale degli agricoltori.
Nel 2023 è stata approvata una nuova riforma della PAC che modifica ulteriormente i suoi meccanismi di funzionamento. Il percorso di adozione di questa nuova riforma avviato nel 2017 è stato lungo e complesso, anche a causa della pandemia COVID 19.
La principale innovazione della PAC 2023-2027 è rappresentata sicuramente dall’introduzione di Piani Strategici della PAC (PSP) con cui ogni singolo stato membro definisce le modalità di attuazione degli interventi previsti a livello nazionale. I piani approvati dalla Commissione sono concepiti per fornire un contributo significativo agli obiettivi del Green Deal europeo, della strategia “Farm to Fork” e della strategia sulla biodiversità. Altre innovazioni riguardano da un lato il nuovo regime pagamenti diretti, che si trasformano in strumenti di sostegno al reddito e ai servizi ecosistemi prodotti dall’agricoltura e, dall’altro, un ulteriore rafforzamento della componente ambientale mediante la condizionalità rafforzata e gli Ecoschemi volontari che premiano gli agricoltori che assumono impegni ambientali che vanno oltre quelli obbligatori.
Ma la novità più importante della riforma della PAC 2023-2027 è rappresentata dall’introduzione di pilastro sociale mediante l’applicazione della condizionalità sociale, che prevede riduzioni del sostegno agli agricoltori che non rispettano i diritti dei lavoratori e le norme occupazionali e sociali. Dopo oltre 60 anni, quindi, il lavoro dipendente entra finalmente a far parte delle politiche europee per l’agricoltura.
Ma questa nuova PAC appare già destinata a subire un ulteriore processo di trasformazione. Le proteste di una parte del mondo agricolo, che dai primi mesi del 2024 si sono diffuse in tutti i Paesi dell’UE, generano un quadro di tensioni che rischia di mettere in discussione l’impegno ambientale e sociale che caratterizza la PAC 2023-2027. Le posizioni assunte recentemente dalla Commissione in merito alla riduzione degli impegni della condizionalità ambientale, che sono state discusse nella sessione del Consiglio europeo con i ministri dell’agricoltura svoltasi lo scorso 24-25 marzo, dietro la motivazione della semplificazione burocratica, evidenziano l’intenzione di un allentamento delle ambizioni ambientali della PAC.
Anche l’iniziativa assunta dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Layen, che lo scorso 25 gennaio ha lanciato il Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura dell’UE, rischia di segnalare l’abbandono del percorso verso la sostenibilità indicato dal Green Deal e dalla sua strategia “Farm to Fork”. A questo si aggiunge la notizia annunciata il 6 febbraio 2024 del ritiro della proposta del nuovo regolamento UE sui pesticidi, che puntava ad importanti obiettivi di riduzione nei livelli di utilizzo di questi prodotti chimici. Questo scenario di disimpegno ambientale appare preoccupante anche perché rischia di essere accompagnato da un nuovo abbassamento dell’attenzione sulla questione della qualità del lavoro. Pensiamo, invece, che sia importante in futuro investire in una nuova PAC basata su una più forte alleanza tra ambiente e lavoro in cui 1,21 miliardi di euro di risorse UE ad essa destinate siano in grado di promuovere e valorizzare la qualità dell’occupazione nell’agricoltura europea.