Il problema della qualità dell’aria e del suo impatto sulla salute umana, in particolare in alcune aree d’Italia come la Pianura Padana, coinvolge anche il settore agricolo. L’attenzione si concentra sulla filiera agro-zootecnica che contribuisce per oltre il 90% alle emissioni complessive di ammonica (NH3), un precursore delle polveri sottili presenti in atmosfera (PM2,5 e PM10).
Con il recepimento della Direttiva NEC (UE) 2016/2284, anche il settore primario si trova impegnato a perseguire gli obiettivi di miglioramento della qualità dell’aria tramite una drastica diminuzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici.
Il problema della produzione ed emissione di ammoniaca in atmosfera è ben noto al mondo della ricerca da diversi anni e molte sono le tecnologie proposte per mitigarne la volatilizzazione, sia durante la produzione e lo stoccaggio delle deiezioni animali, sia durante la distribuzione in campo di fertilizzanti azotati minerali e organici. Per esempio, in stalla sono stati proposti protocolli di alimentazione avanzata di precisione integrati a sistemi per ottimizzare gli spazi ed evitare il sovraffollamento. Tali misure migliorano il benessere animale e aumentano il potenziale produttivo riducendo le emissioni di azoto, sia enterico che dalle deiezioni. In campo, invece, si punta su pratiche agronomiche virtuose di interramento completo dei fertilizzanti sia organici che minerali, anche su colture autunno vernine ad interfila stretta, associate a pratiche di agricoltura di precisione per aumentare il rapporto dose/resa. È stata inoltre proposta la sostituzione di concimi minerali a base ureica ad elevato poter emissivo di NH3 con altri meno impattanti come quelli ammoniacali o a lento rilascio.
Tuttavia, la rapida diffusione in azienda di queste tecnologie è spesso frenata da diversi fattori non solo di ordine economico-finanziario, ma anche di tipo gestionale o culturale. Inoltre, spesso è difficile identificare in quali fasi del complesso sistema produttivo sia più utile intervenire efficacemente per raggiungere l’obiettivo, perseguendo il principio del massimo risultato con il minimo sforzo.
Per questo motivo i ricercatori dell’Università di Padova, con la collaborazione della Regione Veneto, hanno sviluppato una metodologia innovativa che permette, tramite un approccio partecipativo di coinvolgimento dei portatori di interesse (enti territoriali, associazioni di categoria, ecc.), di considerare tutti i punti di forza e di debolezza della filiera agro-zootecnica e di scegliere la tecnologia più promettente secondo i tre criteri cardine della sostenibilità: efficacia ambientale, accettabilità sociale, fattibilità economica.
La metodologia utilizzata, definita modello Bayesiano, è parte del grande mondo dell’intelligenza artificiale. In questo caso viene costruita graficamente una vera e propria rete di relazioni causa-effetto (Figura 1), dove ogni variabile è legata ad un’altra secondo una certa probabilità che indica l’intensità della relazione. Per esempio, in stalla la perdita di NH3 dipende dal tipo di stabulazione, così come in campo esiste una relazione molto forte tra tipo di suolo e volatilizzazione. La complessità dei legami dà la probabilità di accadimento di un certo evento, in questo caso la perdita di ammoniaca in atmosfera. La costruzione della rete ha permesso di identificare gli anelli deboli della catena –la filiera agro-zootecnica– e indentificare le migliori tecnologie disponibili da adottare seguendo i principi della sostenibilità.
I risultati hanno dimostrato che gli stakeholder operanti nel territorio tendono a privilegiare tecnologie più consolidate e conosciute benché meno efficaci nel ridurre la volatilizzazione di NH3. Sembrano più attrattive anche le tecnologie che prevedono interventi capillari e a basso costo rispetto a quelle che prevedono cospicui investimenti. In stalla, si prediligono interventi sanitari e mirati a ridurre il sovraffollamento, o azioni per un bilanciamento nutrizionale nella dieta per ridurre le escrezioni azotate. In campo, rimane elevato l’interesse verso una valorizzazione dei fertilizzanti organici da interrare in sostituzione di concimi minerali, anche a causa dell’improvviso aumento del loro costo. Tecnologie più avanzate basate sull’agricoltura di precisione sembrano riscuotere meno interesse nonostante il forte impatto in termini di riduzione delle emissioni.
L’approccio è di sicuro interesse, in quanto permette di dare risultati oggettivi su cui investire –non solo ai ricercatori ma anche ai decisori politici– per supportare gli agricoltori verso una transizione ecologica in grado di conciliare produzione e tutela dell’ambiente. Rimane il dilemma se la ricerca debba porsi come servizio di supporto per il perfezionamento di tecnologie già conosciute ed applicabili, oppure se la sua vocazione d’essere avanguardia nella sperimentazione debba spingere verso la scelta di soluzioni innovative, sebbene non del tutto implementate.
Figura 1. Rete bayesiana semplificata delle relazioni causa-effetto per l’identificazione delle tecniche più promettenti in grado di ridurre la volatizzazione dell’ammoniaca in agricoltura.