L’agricoltura è uno dei settori che contribuiscono maggiormente alle emissioni di gas serra, secondo solo a quello energetico. All’interno del settore agricolo il comparto zootecnico, con le fermentazioni enteriche e la gestione delle deiezioni, è uno dei principali responsabili delle emissioni climalteranti. Analogamente, i fertilizzanti e la loro gestione contribuiscono in modo rilevante alle emissioni di gas serra in agricoltura rappresentando, insieme al comparto zootecnico circa il 50% delle emissioni totali del settore. Tuttavia, esistono alcune pratiche che possono essere adottate per ridurre queste emissioni e migliorare l’efficienza dei processi agricoli. Una di queste pratiche è l’uso del digestato in sostituzione dei fertilizzanti di sintesi.
Il digestato è il principale sottoprodotto del processo di digestione anaerobica di materiali organici per la produzione di biogas e di biometano. Il processo di digestione anaerobica determina una riduzione del contenuto di carbonio, che viene rimosso sotto forma di gas (CH4 e CO2), ma non riduce i quantitativi di azoto e fosforo. Una parte rilevante dell’azoto organico (50-80% del totale) viene mineralizzato in azoto ammoniacale (NH4+). Inoltre si assiste ad una sostanziale concentrazione di fibre, peptidi, composti aromatici e lipidi insolubili (cere e rivestimenti cellulari). Il digestato quindi si presenta con un livello di stabilità biologica elevata (igienizzato, basso impatto odorigeno) e in forma prontamente disponibile per l’utilizzazione da parte delle piante. Per questo motivo, il suo contenuto di macro e microelementi, pur essendo in alcuni casi relativamente limitato (come ad esempio l’azoto), lo rende interessante come possibile alternativa ai fertilizzanti minerali o di sintesi per differenti tipologie di colture. Da un punto di vista ambientale, l’uso del digestato come fertilizzante può infatti ridurre la necessità di fertilizzanti sintetici e di conseguenza le emissioni di gas serra associate alla loro produzione. Infatti, essendo il sottoprodotto di una tecnologia di produzione di energia rinnovabile, il biogas, si assume che il digestato abbia impatto ambientale nullo relativamente alla fase di produzione..
Una gestione poco attenta in fase di distribuzione, però, può generare emissioni di protossido di azoto (N2O) e metano (CH4), e ammoniaca (NH3) con impatti ambientali rilevanti. Affinché gli aspetti positivi dell’uso del digestato vengano espressi, la tecnica di distribuzione gioca un ruolo cruciale. Tecniche di distribuzione che prevedono l’applicazione del digestato nei primi strati del suolo (10-20 cm di profondità) assicurano un elevato abbattimento delle emissioni e un’elevata efficienza d’uso delle risorse da parte delle colture rispetto ai tradizionali carri spandiliquame. Per questo motivo attualmente esistono differenti macchinari capaci di localizzare il digestato all’interno del suolo tramite l’apertura di trincee, l’iniezione diretta o la distribuzione e rimescolamento con lo strato più superficiale del suolo. L’applicazione di queste strategie permette l’abbattimento delle emissioni di gas serra fino al 90% con una sensibile riduzione degli impatti e un aumento delle produzioni agricole ottenibili. Un ulteriore accorgimento è legato all’epoca di distribuzione del digestato che deve coincidere con i periodi di massima richiesta da parte delle colture in modo da assicurare un’elevata efficienza d’uso dei nutrienti. Il periodo di distribuzione ricopre un ruolo fondamentale anche in relazione all’andamento meteorologico, per il quale si dovrebbero evitare distribuzioni durante i periodi di massima piovosità per evitare il rischio di perdite per dilavamento e conseguenti contaminazioni delle acque di falda.
In sintesi, l’uso del digestato in campo come fertilizzante può contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra nell’agricoltura, ma solo se gestito correttamente. La corretta applicazione del digestato in base alle esigenze delle colture e la gestione attenta del suolo sono essenziali per ridurre le emissioni di gas serra e garantire una produzione agricola sostenibile.