di Massimiliano Giansanti, Presidente Confagricoltura
Per effetto della pandemia e dell’aggressione russa all’Ucraina, tutti gli indicatori economici hanno raggiunto livelli senza precedenti. La corsa al rialzo dei prezzi al consumo rallenta, ma l’inflazione è ancora troppo alta.
Il rialzo dell’inflazione è stato di portata tale da sorprendere anche i banchieri centrali. La Banca centrale europea (BCE) ha deciso un ulteriore aumento dei tassi d’interesse di riferimento per contrastare l’inflazione, secondo gli esperti dell’Eurotower il livello di inflazione dovrebbe attestarsi, in media, quest’anno al 5,6% e scendere al 3,2% nel 2024.
Pure la stretta monetaria messa in atto per frenare la corsa dei prezzi è senza precedenti: per intensità e velocità non ha riscontri dall’entrata in vigore dell’euro. Per i prodotti destinati all’alimentazione prosegue, invece, la fase ribassista dei prezzi a livello internazionale in atto da oltre un anno.
Dai cereali, passando per il riso e lo zucchero, le inflessioni economiche hanno intessuto una rete fatta di protezionismi e giacenze inevase, produzioni agroalimentari che non seguono più le rotte commerciali sinora conosciute e Paesi che bloccano le esportazioni per contrastare l’aumento dei prezzi all’interno dei propri confini.
Alcune indicazioni possono essere tratte dagli indicatori forniti costantemente dalla FAO: i livelli di produzione dell’agricoltura su scala globale sono messi a crescente rischio dal cambiamento climatico. La diminuzione dei raccolti fa salire i prezzi e determina le condizioni per scelte protezionistiche contrarie al libero mercato, con il risultato di spingere ulteriormente al rialzo le quotazioni.
La crisi, tuttavia, non è andata sprecata. Il sistema delle imprese ha reagito, puntando sugli investimenti, sulle innovazioni per far salire la produttività. Nel 2022, nonostante il calo del valore aggiunto e della produzione a causa del cambiamento climatico, gli investimenti in agricoltura sono aumentati del 16% secondo i dati dell’ISTAT.
L’adattamento al cambiamento climatico e la mitigazione del suo impatto sulle produzioni agricole richiede tempo, ingenti investimenti e la più ampia diffusione delle innovazioni tecnologiche. Nel frattempo, la migliore garanzia resta quella di avere a disposizione produzioni abbondanti e di qualità il più vicino possibile ai punti di trasformazione e consumo.
È la condizione, a ben vedere, che le imprese agricole che producono per il mercato, e più in generale, il sistema agroalimentare assicurano ai consumatori europei. Il potenziale produttivo va salvaguardato per limitare al massimo la dipendenza dalle importazioni dai paesi terzi.
Ciononostante, un costante aumento dei tassi di interesse determinerebbe per le imprese un ulteriore rialzo dei costi di produzione, riducendo, al contempo, la propensione agli investimenti nel settore. Solo con interventi mirati al contenimento dei costi si riducono le spinte al rialzo dei prezzi lungo le catene di produzione fino ai consumatori.
In questo scenario, va accolta con favore e sostenuta qualsiasi iniziativa finalizzata a contrastare l’aumento dei prezzi a vantaggio dei consumatori. La Confagricoltura ha quindi assicurato la propria adesione al “Trimestre Anti-Inflazione” recentemente entrato in vigore.
Una scelta coraggiosa e responsabile, sulla scia di un’iniziativa analoga che ha ottenuto risultati positivi in Francia la scorsa primavera, dove la velocità di crescita dell’inflazione si è ridotta del 10%, salvaguardando così parte del potere di acquisto dei consumatori. Non possiamo permetterci di fare la fine della Germania, la cui economia è in recessione.
In vista della prossima Legge di Bilancio andrà, tuttavia, confermato e reso strutturale il taglio del cuneo fiscale, da estendere anche alle imprese.
Nonostante i margini ristretti per la manovra, secondo la Confagricoltura tra le priorità rientrano la difesa del potere d’acquisto delle famiglie a sostegno dei consumi e gli incentivi alle imprese per la continuità degli investimenti ai fini della transizione ecologica e per le innovazioni. Non sarebbe infatti lungimirante puntare sul rigore assoluto, perché in questa fase occorre anzitutto sostenere la crescita economica.
In contemporanea con il dibattito interno sulla Legge di Bilancio, ripartirà nelle prossime settimane, a Bruxelles, il negoziato per la revisione di medio periodo del Quadro finanziario pluriennale europeo fino al 2027.
Nella proposta presentata a giugno dalla Commissione sono stati chiesti finanziamenti aggiuntivi agli Stati membri per un ammontare di 66 miliardi di euro, ma il bilancio destinato all’agricoltura resterebbe invariato nonostante la perdita di valore reale degli aiuti diretti al reddito e degli incentivi agli investimenti causata dall’inflazione.
Sul versante europeo resta quindi essenziale che il Governo italiano intervenga affinché la revisione del bilancio europeo possa rideterminare la quota assegnata all’agricoltura contribuendo ad un sensibile aumento, per permettere alle nostre imprese agricole di affrontare al meglio queste sfide di portata storica.