di David Granieri – Presidente Coldiretti Lazio
Il rilancio del Paese deve necessariamente passare attraverso la tutela e il sostegno al settore agroalimentare che durante la pandemia ha dimostrato tutta la sua importanza per la tenuta economica e, soprattutto, sociale del Paese, con l’export agroalimentare che nel primo semestre del 2021 ha raggiunto il valore record di 24,81 miliardi con un aumento dell’12% rispetto all’anno precedente e lo storico sorpasso sull’import (fermo nello stesso periodo a 22,95 miliardi). Una crescita che rispecchia il trend degli ultimi 10 anni, con un aumento di circa il 70%. Una conferma della svolta in atto nell’anno del Covid.
Un settore che ha confermato i suoi primati in termini di sostenibilità con le sue produzioni tipiche, la leadership nel biologico, i primati in sicurezza e il livello di emissioni.
Dobbiamo lavorare per promuovere la transizione ecologica come opportunità con scelte vincolanti della politica e dell’intera filiera.
Occorre quindi cogliere le opportunità del Pnrr con la digitalizzazione delle aree interne, il recupero terreni abbandonati, le foreste urbane per ridurre l’inquinamento nelle città, una rete di invasi nelle aree interne per risparmiare acqua e produrre energia pulita, chimica verde e bioenergie contro i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori produttivi deficitari. Obiettivi previsti nei progetti strategici elaborati dalla Coldiretti insieme a Filiera Italia per la crescita sostenibile del Paese e favorire la svolta green per la creazione di un milione di posti di lavoro in 10 anni. Opportunità di lavoro soprattutto per i giovani, che si confermano fortemente attratti dal settore agricolo: parliamo infatti di 55 mila under 35 alla guida di imprese agricole, con un +14% nel 2020 rispetto al 2015. Ma a crescere sono state anche le ore lavorate nel settore che, secondo i dati Istat, corrispondono a +17,4 nel secondo trimestre del 2021. Ed è proprio sul tema del lavoro che abbiamo accolto positivamente l’inserimento all’interno della PAC della condizionalità sociale a tutela dei lavoratori agricoli di tutta l’Unione. Perché il lavoro in agricoltura deve essere soprattutto giusto. Per raggiungere questo obiettivo, però, è necessario l’impegno di tutta la filiera secondo il principio di corresponsabilità, coinvolgendo quindi non solo i produttori, ma anche trasformatori e distributori consentendo di riconoscere il giusto valore per il giusto lavoro: premessa per qualsiasi percorso di legalità.
Ma è necessario anche superare i ritardi infrastrutturali che si sono accumulati negli anni, generando 13 miliardi all’anno di bolletta logistica con un aggravio per i nostri operatori economici superiore dell’11% rispetto alla media europea. Tutto questo si aggiunge al peso della burocrazia limitante per la dinamicità delle nostre imprese.
Infine, occorre tutelare il nostro Made in Italy agroalimentare attraverso sistemi di etichettatura trasparenti sull’origine delle materie prime, che non siano ingannevoli per il consumatore e contrastare modelli non sostenibili, basati sull’artificio e i cibi sintetici, dove si assiste alla concentrazione eccessiva dei fattori produttivi, dove prevale l’interesse particolare delle grandi multinazionali che spingono per l’omologazione su un modello in sostanza dove il cibo rimane sempre una commodity. Con la nostra idea di filiera sostenibile vogliamo affrontare il futuro non solo creando valore economico, ma guardando anche alla sua distribuzione, alla capacità di creare lavoro e di restituire valori positivi, sotto il profilo ambientale, sociale, territoriale.