di Onofrio Rota – Segretario Generale Fai Cisl
L’agricoltura italiana è la più sostenibile d’Europa. Ma la sostenibilità ambientale non può esistere senza quella sociale e quella economica. Per questo la transizione ecologica va perseguita ancora su molti fronti, valorizzando la contrattazione e gli enti bilaterali territoriali per puntare su più formazione, sicurezza, e un mercato del lavoro più moderno ed efficiente, garantendo agli operai agricoli di poter affrontare i cambiamenti tecnologici senza rimanere indietro e innalzando la qualità del lavoro.
Ma c’è anche un altro aspetto che a nostro parere è cruciale per affrontare la questione della sostenibilità. È il tema della vulnerabilità idrogeologica del nostro territorio, elemento di grande criticità anche per tutto il settore primario. Da questo punto di vista, il tema della transizione ecologica, assieme a quello dell’acqua come bene primario e della gestione del nostro patrimonio paesaggistico, è uno dei più urgenti per costruire un nuovo modello di sviluppo, che non metta più in contrapposizione lavoro e ambiente, né occupazione e salute pubblica. Un modello che riconosca necessariamente anche ai consorzi di bonifica e al comparto forestale un carattere di essenzialità per il nostro sistema produttivo.
La questione della transizione ecologica chiama in causa inevitabilmente anche l’Enpaia. In questi anni, l’Ente ha dimostrato di essere uno straordinario pilastro di protezione sociale. Ora è importante riflettere anche su quale evoluzione potrà avere dentro gli obiettivi di transizione ecologica del Paese, guardando ad esempio anche a obiettivi più alti in termini di investimenti green. Su questo c’è una prateria enorme da percorrere, anche per non lasciare attribuire soltanto al PNRR e alla spesa pubblica la responsabilità di consolidare le risorse per la transizione ecologica. Sul modello di quanto fatto già da diversi fondi, dunque, sarà importante avere un occhio di riguardo nel reinvestire su specifici asset, come quelli che prevedono appunto il sostegno alle imprese italiane che perseguono progetti di innovazione e transizione ecologica.
Vanno scongiurate naturalmente le operazioni di facciata, il cosiddetto greenwashing, che considera la tutela dell’ambiente come un problema di marketing, di immagine, di semplice tendenza di mercato da cavalcare. E per farlo servono precise regole di ingaggio, che facciano leva sulla trasparenza, su una progettualità radicata nei territori, con risvolti positivi per l’economia reale, e con una ricchezza da reimmettere nel Paese e da non lasciare volatilizzare altrove.
Come Federazione agroalimentare e ambientale della Cisl siamo assolutamente pronti ad abbracciare questa sfida, che si lega naturalmente a un più generale impegno quotidiano nel saper qualificare e valorizzare le categorie che rappresentiamo. Braccianti e allevatori, forestali e addetti alla bonifica, hanno svolto negli ultimi anni un ruolo sempre più rilevante nella tutela dell’ambiente e del patrimonio naturale e paesaggistico, nel rilancio intelligente di territori marginalizzati e nel contrasto allo spopolamento e alla desertificazione, nel saper cogliere le opportunità della green economy. Sono questi lavoratori ad aver portato avanti sforzi enormi e ad essere oggi i candidati naturali per guidare la valorizzazione della nostra infrastruttura per eccellenza: quella verde.
Siamo certi di poter costruire, per loro e con loro, un cambiamento positivo del nostro modello di sviluppo verso un’economia più a misura d’uomo. Dobbiamo fare in modo che le trasformazioni tecnologiche, la digitalizzazione, la green economy, siano opportunità di crescita e benessere comune, non un cambiamento subìto. E questo è anche il senso della nostra adesione, nel 2020, al Manifesto di Assisi. Un documento che, mettendo insieme per la prima volta istituzioni italiane ed europee, imprese, rappresentanti del settore energetico e di quello agricolo, università e ricerca, con il Sacro Convento, ha voluto dare gambe a un contrasto virtuoso della crisi climatica. Noi c’eravamo. E ci siamo anche oggi, per ribadire il nostro impegno, ora che a quella crisi si è sovrapposta l’emergenza sanitaria, risaltando ancora di più il bisogno di dare valore alla centralità della persona, alla dignità del lavoro, a un rinnovato armonioso rapporto tra uomo e ambiente.