di Paolo Pellegrini, Vice Direttore Mefop
Il termine per la pensione in quota 100, previsto per la fine del 2021, pone al Governo, alle Parti Sociali ed al legislatore il problema di trovare delle forme di flessibilità alternative per evitare lo “scalone” che verrebbe a crearsi. Del tema e delle ipotesi in campo si è già avuto modo di parlare (cfr. Il futuro delle pensioni dopo quota 100, disponibile a questo link https://www.previdenzaagricola.it/2021/06/23/il-futuro-delle-pensioni-dopo-quota-100), ma al momento non è ancora possibile individuare con certezza su quali alternative si potrà convergere.
L’unico elemento che appare probabile è che la sede naturale nella quale si potranno concretizzare le proposte è la Legge di Bilancio 2022 o comunque provvedimenti ad essa collegate.
Si è tornato a parlare del tema anche il 12 luglio scorso, in occasione della presentazione del XX Rapporto annuale dell’Inps (per approfondimenti https://www.inps.it/dati-ricerche-e-bilanci/rapporti-annuali/xx-rapporto-annuale). Tra le varie proposte, emerge il suggerimento di tenere in debita considerazione soluzioni ispirate dal principio dell’equità intergenerazionale, puntando su soluzioni di flessibilità nel solco di quelle già esistenti nel sistema contributivo anche per evitare di penalizzare ancora una volta le giovani generazioni. Viene inoltre indicata la priorità di tutela dei lavoratori “fragili” (senza lavoro o in condizioni di salute precarie) o impegnati in attività gravose per i quali andrebbero rafforzati alcuni strumenti esistenti come l’Ape sociale e i canali di uscita agevolati previsti per i lavori usuranti e i lavoratori cosiddetti “precoci”.
Se dunque la prospettiva è quella di mantenere le forme di flessibilità esistenti, rispetto alle quali ci si può aspettare che siano verosimilmente ampliate o rafforzate, può essere utile passare in rassegna quelle oggi in vigore per intuirne la possibile portata futura:
– Quota 41, di cui si chiede un’estensione, che prevede il pensionamento con 41 anni di contribuzione. Attualmente riguarda i lavoratori “precoci” che possano far valere 12 mesi di contribuzione effettiva prima di 19 anni di età e si trovano in particolari condizioni indicate dalla legge (in sintesi: stato di disoccupazione e conclusione della prestazione per la disoccupazione da almeno tre mesi; invalidità superiore o uguale al 74%; assistenza da almeno sei mesi al coniuge o parente di primo grado convivente con handicap grave o a un parente o affine di secondo grado convivente con handicap grave e più di 70 anni; aver svolto attività particolarmente faticose e pesanti o attività gravosa per almeno sette anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa o almeno sei anni negli ultimi sette anni di attività lavorativa);
– Opzione donna, di cui si prefigura una proroga, che attualmente riguarda la possibilità di accedere al pensionamento con il calcolo contributivo per le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2020 abbiano maturato un’anzianità contributiva minima di 35 anni e un’età anagrafica minima di 58 anni, se lavoratrici dipendenti, e di 59 anni, se lavoratrici autonome, con finestra di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome;
– APE sociale, di cui si attende una proroga, che consiste in un anticipo pensionistico riservato a chi abbia compiuto almeno 63 anni e si trovi nelle condizioni per la Quota 41, che accompagna la persona fino alla maturazione dei requisiti ordinari di pensione;
– Isopensione o scivolo, che consente un anticipo fino a un massimo di 4 anni (7 anni fino al 2023), con costi e contributi figurativi interamente a carico del datore di lavoro con più di 15 dipendenti. Analoghe soluzioni riguardano i fondi esubero o di solidarietà, già operativi nel settore bancario e assicurativo, che si estenderanno ad altri settori.
Analogo anticipo riguarda i contratti di espansione, fino a 5 anni, che prevedono l’assunzione di giovani in cambio dei pre-pensionati, con oneri totalmente a carico del datore di lavoro. Con il Decreto sostegni bis (art. 39, DL 73/2021) si è ampliata la platea di lavoratori che possono accedervi riducendo la soglia minima per l’accesso da 250 a 100 dipendenti.
Tra gli ulteriori elementi di attenuazione dei requisiti non va trascurato il blocco dell’aumento dell’anzianità contributiva per la pensione anticipata (i famosi 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), che non saranno adeguati all’aspettativa di vita fino al 2026 per effetto del D.L. 4/2019.
Un ulteriore spunto di riflessione finora non emerso nel dibattito potrebbe riguardare il riconoscimento di maggiori flessibilità a chi abbia aderito al II pilastro. In altri termini, poiché è interesse del legislatore riconoscere libertà di scelta agli individui purché non ricadano nel giro di pochi anni a carico della fiscalità generale, si può valutare se concedere maggiori flessibilità a chi può contare, oltre che sulla pensione di base, anche sulla pensione integrativa.
Quali che siano le scelte del legislatore, è comunque opportuno ribadire che è necessario approssimarsi al pensionamento avendo accumulato risorse proprie per essere pronti a far fronte a imprevisti. Resta confermato che in ogni caso è opportuno aderire quanto prima a un fondo pensione ed accumulare risorse sufficienti.