di Massimiliano Giansanti – Presidente Confagricoltura
Il Made in Italy agroalimentare è sempre più apprezzato – e copiato – sui mercati internazionali. Il saldo attivo dell’interscambio commerciale con i Paesi terzi è pressoché raddoppiato nell’ultimo decennio, ma resta inferiore a quello della Francia e della Spagna. Non solo: siamo anche superati da Germania e Paesi Bassi che non hanno le nostre tradizioni alimentari. E che non possono fare affidamento sui prodotti della Dieta Mediterranea. Le potenzialità di crescita sono, dunque, rilevanti. Le nostre esportazioni possono aumentare di 20 miliardi di euro nel medio termine, puntando soprattutto sui mercati extraeuropei: dagli Stati Uniti alla Cina, al continente asiatico.
Quindi, il primo obiettivo strategico è quello di consolidare e accrescere il potenziale produttivo del settore agroalimentare.
Abbiamo di fronte una grande sfida: continuare a ridurre il ricorso alla chimica, abbassare la pressione sulle risorse naturali, senza contraccolpi sui livelli di produzione. In altre parole, far coesistere la sostenibilità ambientale con quella economica. Grazie alle innovazioni tecnologiche, le imprese agricole possono vincere la sfida posta dalla transizione ecologica: dall’agricoltura di precisione, ai sensori fino alle nuove tecniche genomiche. Ovviamente, la sfida riguarda le imprese che producono per il mercato, in grado di investire e creare nuovi posti di lavoro per personale specializzato. Dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ci attendiamo, in particolare, la digitalizzazione nelle aree rurali e la modernizzazione delle infrastrutture, a partire dai trasporti. Fondamentale anche la realizzazione delle riforme annunciate – in primo luogo quella della Pubblica Amministrazione, senza le quali – una volta esauriti gli effetti degli investimenti straordinari finanziati dall’Unione europea – torneremmo alla situazione in atto prima della pandemia, caratterizzata da una condizione di stagnazione del prodotto interno lordo e della produttività.
Un altro aspetto da sottolineare è quello del contributo attivo che l’agricoltura è in grado di dare alla transizione ecologica e alla riduzione delle emissioni nocive, in linea con i traguardi fissati a livello europeo e in ambito internazionale. Le energie rinnovabili – da sempre sostenute da Confagricoltura – sono già una realtà senz’altro suscettibile di ulteriore crescita. Pensiamo anche a un sistema di “certificati verdi” legati al trattenimento al suolo del carbonio assicurata da alcune attività agricole e dalla forestazione. Nella nostra visione, i “certificati verdi” dovrebbero diventare uno strumento per garantire agli agricoltori un reddito aggiuntivo, a fronte di un servizio reso alla collettività. Il settore primario è chiamato a impegnarsi per il raggiungimento degli obiettivi indicati dal Recovery Plan e le nostre imprese sono pronte a fare la propria parte, in particolare per il rafforzamento delle filiere strategiche sui mercati internazionali e per sfruttare al meglio le opportunità dell’innovazione tecnologica.
Sarà tuttavia necessario un attento monitoraggio sullo stato di avanzamento degli interventi che passa inevitabilmente da una profonda semplificazione delle procedure amministrative e da un rafforzamento della collaborazione tra istituzioni, enti e parti sociali. Senza un Sistema Paese più evoluto, non si potranno attuare riforme efficaci per il cambio di passo.