di Mario Braga – Presidente del Collegio Nazionale dei Periti Agrari e dei Periti Agrari Laureati
Non è solo una battuta d’umorismo, certamente inutile in questo tempo, ma è il riflesso dello spettacolo a cui assistiamo quotidianamente. Siamo tutti consapevoli che il modello di sviluppo a cui ci eravamo abituati, anche dentro crisi economiche e sociali gravi, è stato messo in discussione da un innaturale virus. Siamo tutti consapevoli che la ripresa potrà esserci, ci sarà, perché il nostro popolo sa reagire alle condizioni anche le più gravi, sempreché non venga minata la speranza. Ma siamo altrettanto consci che le nostre strutture sociali ed economico produttive erano permeate di contraddizioni profonde che le rendevano fragili. Ed allora la prima considerazione che possiamo fare è che le ricette di improvvisati medici non ci guariranno dalla “grave malattia” di civiltà, provocata dalla pandemia. Tutta la politica, dovrà, almeno una volta nella storia, dimostrare il proprio spessore, la propria qualità, non rinunciando alle proprie convinzioni … e alle proprie radici, ma offrendo il proprio impegno e servizio.
Forse oggi più che mai la politica deve dimostrare di sentirsi soggetto “costituente” chiamato a rigenerare un nuovo Paese. Ma la “politica” è scelta e le scelte determinano il cammino dei popoli e delle società. Sbagliando strada si porta la società verso direzioni opposte alla fiducia e alla speranza. Sbagliando strada si corre il rischio di favorire l’acuirsi di profonde e insanabili faglie. Ed è la scelta che determina anche la credibilità del decisore.
Noi Periti Agrari e Periti Agrari Laureati continuiamo ostinatamente a credere che la priorità delle priorità debba essere la riforma della scuola. Senza “uomini” nessuna costruzione è possibile. Una riforma che riporti la scuola nella società e la società nella scuola. Un legame intimo ed indissolubile che nel tempo abbiamo purtroppo eradicato. Una riforma della scuola che con qualche punta di responsabilità in più, conoscendo il valore che l’agroalimentare italiano ha e può avere nel processo di ripartenza del Paese, dovrebbe coinvolgere gli Istituti Tecnici Agrari, ovvero le istituzioni storiche scolastiche agrarie. Nel contempo tutti i soggetti dell’agricoltura dovrebbero interrogarsi su un loro maggior coinvolgimento, anche diretto, nell’innesto delle agricolture innovative negli Istituti Tecnici. Ma vi è un’altra priorità assoluta che può aiutare l’Italia a ritrovarsi. Una priorità che compare in ogni discorso pubblico o privato che sia: “La sburocratizzazione”.
Una parola ormai consunta, perché naufragante sempre nei meandri della paura dell’illegalità e delle irregolarità. Uno Stato che non crede nella propria efficienza ed è succube delle proprie autoreferenzialità, non uscirà mai dalle secche dell’inefficienza del burocrazia.
La burocrazia va inoltre a braccetto con il consolidamento delle mura di difesa della burocrazia per la burocrazia. Della burocrazia figlia e madre di sè stessa. A poco servono i richiami della vituperata Unione Europea al principio della sussidiarietà. A poco servono le esperienze degli altri Paesi più sviluppati, in quanto degli altri richiamiamo sempre quei punti che ci interessano ed evidenziano i nostri errori. Quella sussidiarietà che potrebbe essere agevolmente applicata, con semplici protocolli o convenzioni con l’AGEA, L’ISMEA, gli Enti di Ricerca, il MIPAAF, gli Assessorati all’Agricoltura e agli alimenti delle Regioni, si arena nei labirinti delle eccezioni strumentali giuridiche. Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, potrebbero agevolmente favorire una semplificazione burocratica senza precedenti garantendo lo Stato e le imprese nella correttezza e coerenza delle istruttorie, anche di investimenti sostenuti e finanziati.
Il risultato resta comunque evidente e se alcuni enti possono almeno presentare un conto positivo delle proprie operatività, altri purtroppo presentano i consueti lamenti di colpe da imputare ad altri. Nel frattempo non solo l’Italia fatica a ripartire, ma fatica a garantire quella continuità evolutiva di consolidamento del modello produttivo del nostro Made in Italy dell’agroalimentare in alcune aree del Paese non riuscendo nemmeno ad investire le risorse a noi destinate dall’Unione Europea. Quale proposta si può avanzare per rimuovere questi gravosi ostacoli. Forse una sola: il Governo, il MIPAAF e le Regioni aprano le porte a chi quelle porte le vuol varcare solo per apportare il proprio contributo di qualità ed esperienza. Le risorse? Forse utilizzando al meglio ,nell’economia reale, quelle delle Casse, con garanzia dello Stato, scopriremmo che un nuovo motore è già pronto per riprendere il viaggio.
Vogliamo far ripartire il Paese? Chiediamo ai capo carovana di chiamare tutti gli abili a sospingerlo verso l’orizzonte che ci attende.